L’aborto e le religioni, di Elena Marinucci, Effe, febbraio 1981

da | Apr 23, 2010 | Scritti d'archivio

Per il movimento per la vita la vita delle donne non conta niente.
Nella cattolica Irlanda, dove si continua a morire per una guerra civile che dura da anni, le donne muoiono anche d’aborto perché è ancora vietata anche la vendita degli anticoncezionali.  

In America del Sud a causa della pesante influenza della Chiesa Cattolica sulle scelte politiche dei governi di molti Stati, non solo l’aborto ma anche l’informazione contraccezionale è vietata dalla legge penale.

Nel Perù dove l’aborto è vietato, in applicazione del Piano d’azione mondiale votato a Città del Messico e di numerose Risoluzioni delle N.U., miranti a consentire alle coppie di decidere il numero dei figli, il Governo, nel 1976, con lo slogan « genitori responsabili», aveva lanciato un vasto programma d’informazione sui metodi contraccettivi. Ma nel 1979, a causa di esplicite e pressanti pressioni dell’episcopato locale, l’ha abbandonata. Risultato: un aumento degli aborti clandestini di cui da 300 a 500 all’anno finiscono tragicamente. La sanzione penale è applicata con grande severità: negli ospedali, confidenti della polizia sorvegliano le donne che si sottopongono a visite ginecologiche "sospette". Nella prigione ChoriHos di Lima, ci sono molte donne rinchiuse per aver abortito; i loro figli restano così abbandonati e privi di assistenza.

In Brasile la ‘situazione è drammatica.

Dai dati dell’ONU, risulta che migliaia di donne muoiono per aborto "procurato" in condizioni precarie e prive di qualsiasi assistenza medica, ma la Chiesa cattolica continua a condizionare la politica del governo.

In Messico, secondo l’OMS gli aborti clandestini raggiungono la cifra di 2 milioni ,l’anno e c’è un alto tasso di mortalità fra le donne più povere le quali passano la vita fra gravidanze e aborti.

In Bolivia, prima del colpo di Stato del luglio scorso, il Governo aveva iniziato un programma di diffusione dei metodi contraccezionali, che l’attuale dittatura militare ha immediatamente ritirato.  

In Cile, la Chiesa cattolica impone la sua ideologia: la politica del Generale Pinochet è quella di impedire ogni forma di controllo della fecondità e contemporaneamente di ostacolare in ogni modo il lavoro extradomestico delle donne che sono quindi ricondotte con la forza della legge al compito "naturale" di partorire e allevare figli per la dittatura.

Se questa è la situazione in America del Sud dove la religione egemonica è quella cattolica, le cose non ‘Vanno meglio nei paesi dell”Asia e dell’Africa nei quali la religione musulmana influenza e condiziona la legislazione e la cultura.

Non solo nell’Iran di Komeini ma per esempio nel sovrappopolato Bangladesh dove si muore di fame sia l’aborto che la contraccezione sono vietati (a parte l’atroce episodio degli stupri e degli aborti di massa in occasione del recente conflitto).

Il Marocco, paese musulmano, ha nei confronti del controllo delle nascite una posizione estremamente ambigua: il Governo dichiara che le coppie devono decidere liberamente e responsabilmente il numero dei figli, ma non si impegna in una campagna per la diffusione dei contraccettivi scientifici, né ha provveduto ad abrogare la legge che ne vieta la vendita.  

Enormi sono poi le contraddizioni nei Paesi musulmani di recente liberazione.

Un intreccio vischioso di precetti religiosi e di interessi populazionisti (si tratta spesso di Paesi sottosviluppati che hanno bisogno di "’braccia", di "forza lavoro") fa sì che’governi nati da lotte

di liberazione a cui le ,donne hanno partecipato in eguale misura con gli uomini, continuano ancora oggi a vietare l’aborto e ogni forma di controllo della fecondità.  

Sono fin troppo note le dichiarazioni della figlia dell’ajatollah Thalegani. Dello stesso tenore sono state tutta una serie di dichiarazioni pronunciate dalle delegate di quei Paesi, in occasione del dibattito su la ‘Risoluzione per la pianificazione delle nascite" alla Conferenza di Copenhagen (vedi EFFE n. 7-8-1980).  

Secondo Madame Elise Thérése Gamassa, Presidente Nazionale dell’Unione Rivoluzionaria delle donne del Congo, «per il momento le. autorità congolesi hanno problemi più importanti da affrontare, il loro territorio è vasto e la popolazione conta solamente 1.600.000 unità, e d’altra parte fare dei figli è al tempo stesso una funzione naturale e un evento socialmente molto apprezzato, onorevole. Malgrado il cambiamento delle abitudini avere una progenie, una discendenza numerosa, significa ancora molto per la nostra gente» i(!).

Le parole di madame Jeanne Martin Cisse, Ministro per gli Affari Sociali, testimoniano le contraddizioni di queste donne "emancipate" e progressiste, che hanno posti di responsabilità e di potere nei loro paesi: .« La ,Guinea non è sovrappopolata… anzi c’è bisogno di figli. Il Governo vuole impedire che la salute delle donne sia minacciata da gravidanze troppo ravvicinate. Ma non possiamo abbordare troppo brutalmente il problema della contraccezione: è un problema delicato, non possiamo urtare i principi religiosi, la tradizione, la morale corrrente … ».L’aborto è punito; la sterilizzazione è proibita … «noi abbiamo bisogno di figli ».  

Nel Mali, Paese fortemente islamizzato e dove è tuttora ‘praticata Ia poligamia, vi sono fami:glie che contano 20, 30 bambini. Madame Sow Rokiaron membro del Bureau dell’Unione Democratica del Popolo di Mali, ‘incaricata

‘Per una rappresentante dell’OLP, « il problema dell’aborto per le donne palestinesi "non esiste", tutta1tro, ogni bambino palestinese che nasce è un problema in più per Israele}} (!).

In Sudan, il Governo ha istituito una medaglia per la "madre eroica" (cioè la madre di numerosa prole). Maadame Kardoum Awad Saeed, Segretaria Generale de l’Unione donne sudanesi spiega: « Il Governo ha bisogno di braccia, specialmente nelle zone rurali, perché il nostro è un Paese molto v vasto … d’altra parte, il Sudan è un Paese islamico e secondo la tradizione avere dei figli è un dono di Dio … non è neanche il caso di parlare di aborto legale che è contrario alla religione islamica }(!).  

Così continua la tragedia degli aborti clandestini e la tragedia della mortalità infantile che è strettamente legata gravidanze troppo ravvicinate, a un troppo alto numero di figli, in Paesi in cui sono gravissimi i problemi di ordine economico.

Ma la Capo delegazione dell’Alto Volta, Madame Kamadoto Sere Binto, si è spinta fino a dire che in effetti il 60 per cento dei bambini da O a 5 anni muore a causa della sete, della malnutrizione, delle malattie epidemiche e dunque « se lasciamo che ne abbiano molti di figli: la natura penserà a riequilibrare}} (!)  

La tragedia delle donne continua.

I rapporti di buon vicinato con le religioni fortemente insediate nella società, gli interessi politici ed economici prevalgono: rivoluzioni, governi progressisti, donne ministro non bastano a cambiare la situazione delle donne.

 

Commento di Marta Ajò
 

Elena Marinucci, appassionata femminista poi parlamentare socialista ed europea, conoscitrice della politiche femminili in Italia e nel mondo, rileva come per il prevalere di scelte religiose e politiche in molti paesi, la vita e la salute psicofisica della donna sia assolutamente inessenziale. Sono temi, quelli proposti in quest’articolo, ancora di grande attualità.