Siamo giunti all’ultima settimana di campagna elettorale ed è inutile dire che ogni mezzo per attirare attenzione e consenso se non è illecito è buono.
Non vogliamo entrare nei contenuti dei programmi dei partiti, perché speriamo che a questo punto, tra sondaggi, dichiarazioni, appelli, comizi, adunate, incontri, tribune ecc. le idee siamo chiare agli elettori.
Che hanno avuto modo di conoscere non solo i contenuti e i programmi dei leader di partito ma anche i loro volti, i caratteri.
Nessuno escluso, tutti i candidati, uomini e donne, tendono a dare un’immagine più convincente possibile, a sostegno delle cose che dicono, rassicurante sul piano umano. Vogliono piacere.
Di queste apparizioni, di queste metamorfosi, la più evidente appare quella di Giuseppe Conte.
Presentatosi all’inizio del suo percorso politico come un distino avvocato prestato alla politica all’interno della forza più rappresentativa del dissenso popolare, quella del “vaffanculo” o Movimento 5 Stelle. Definitosi “l’avvocato del popolo”, si era proposto come il garante di questo dissenso verso la corretta funzione della politica.
E’ stato Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana per ben due volte senza mai essere stato eletto.
Dopo avere retto e diretto tutta la fase della pandemia con decreti (più o meno discutibili ma è acqua passata, per fortuna) con piglio e presenza, alla caduta del suo governo pareva essersi eclissato nel limbo in cui si aggirano tutti gli ex.
Soprannominato la “pochette” per il vezzo con cui si presentava, al contrario dei descamisados grillini, impeccabile in giacca e cravatta, con il fazzoletto a tre punte in vista nel taschino.
Inevitabilmente osservato al setaccio come tutti i personaggi pubblici, è passato alla pochette con una sola punta, sempre comunque distintiva di una certa classe, di un ruolo. Mai niente fuori posto nel suo look da ammaliatore. Ricordate il fenomeno social “Le bimbe di Conte”, che lo adoravano proprio per il suo stile?
Lo stesso uomo che, dopo avere passato le pene dell’inferno nel peggiore dell’anonimato che in politica distrugge, malamente abbandonato da una parte del suo movimento-partito, ha invece recuperato forza, vigore ed immagine spronato da sondaggi che lo hanno resuscitato, trasformandosi nel più barricadero combattente di questa tornata politica.
Preso dal nuovo ruolo, va agitandosi come difensore della patria e della terra, dei poveri e degli sfaticati, di chi ha perso le speranze e di chi vuole il mantenimento del reddito di cittadinanza.
Interprete assoluto del no alla politica ma del si alla ribellione, sembrerebbe interpretare l’anima di un popolo sfiduciato.
Eccolo allora trasformato in uno scapigliato, che ha abbandonato prima la pochette, poi la giacca, poi la cravatta, passando al collo sbottonato, alle maniche rimboccate per finire con le polo aperte sul petto.
Niente più capelli azzimati ma ciuffo al vento, sudato, gesticolante, Giuseppe Conte si dona.
Spesso parla con lo sguardo assente verso una folla che lo circonda, lo acclama.
Ma specchiandosi in quel consenso, spesso “volatile”, gli sfugge forse la metamorfosi della propria immagine.
Sarà questo il suo ultimo cambiamento? Chi è Giuseppe Conte?