Per contrastare il crescente tasso di femminicidi e violenze, la campagna Girls on Fire insegna alle sudafricane a impugnare un’arma. Un femminicidio ogni tre ore, uno stupro ogni sette minuti: le donne in Sudafrica sono il principale bersaglio di violenze terrificanti, con tassi di criminalità tra i più alti al mondo. A migliaia frequentano corsi gratuiti per imparare a maneggiare la pistola e a difendersi da sé
di Claire Doyen / Afp – foto di Marco Longari / Afp
È la prima volta che Ntando Mthembu impugna un revolver. Senza esitare scarica dieci colpi su un bersaglio di cartone. «Lo scorso novembre mia cugina è stata stuprata e poi uccisa da un gruppo di criminali. Prima che tocchi a me voglio essere preparata».
Ci troviamo nel poligono di Midrand, sobborgo di Johannesburg, a una lezione di tiro riservata alle donne. L’iniziativa fa parte della campagna Girls on Fire promossa dal 2015 dalla Gun Owners of South Africa (Gosa), ente nazionale che rappresenta i proprietari di armi da fuoco, che ha l’obiettivo di fornire gratuitamente opportunità di difesa alle persone più esposte a crimini odiosi e spesso impuniti.
Il Sudafrica è tra i Paesi più pericolosi della Terra, specie per le donne. Ogni tre ore, un femminicidio: un tasso cinque volte superiore alla media mondiale. La polizia riceve 110 accuse di stupro al giorno, ma il fenomeno ha proporzioni ben più allarmanti, considerato che i casi denunciati sono meno della metà. Malgrado gli sforzi delle autorità, i numeri di omicidi (22.325 registrati lo scorso anno) e di aggressioni alle donne (53.293 quelle certificate) sono in costante aumento.
La Gun Owners of South Africa è d’accordo per un controllo più efficace. «Lo scorso anno», si legge sul loro sito, «abbiamo destinato più di un milione di rand a spese legali per ottenere l’inibizione perpetua all’uso delle armi nei confronti di cittadini che per vari motivi non avevano potuto rinnovare la licenza. Siamo impegnati nell’uso responsabile e consapevole delle armi, le quali devono essere anzitutto mezzi di difesa e di dissuasione».
Sparati tre colpi, Nthabieng Phele, 32 anni, appoggia il revolver sul cavalletto. Le tremano le mani, suda, è visibilmente scossa. «Tenere tra le mani una pistola mi ha ricordato una situazione terribile in cui avrei voluto averne una». Nove anni fa è stata violentata nella sua camera da letto da un vicino entrato dalla finestra. Non ha presentato denuncia né ha ricevuto alcun supporto. I genitori le hanno intimato di mantenere il silenzio «per non far ricadere la vergogna sulla famiglia». Quando Phele ha trovato il coraggio di confidarsi con un amico, questi l’ha violentata a sua volta. «C’è una nuvola oscura e pesante che offusca la Nazione Arcobaleno», spiega, descrivendo il Sudafrica come uno dei posti più pericolosi al mondo per una donna. Oggi Phele vive con un fidanzato a cui ha raccontato il suo passato. Insieme hanno deciso di installare in casa una cassaforte per riporvi una pistola. La comprerà non appena avrà imparato a far fuoco.
Questo articolo è uscito sul numero 1/2022 della Rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop