di Linda Laura Sabbadini
Le azzurre hanno vinto e volano ai quarti di finale. Ha vinto l'entusia smo, la passione, la competenza. Ha ilsenso di squadra, la semplici
tà e l'immediatezza. L'onda rosa delle azzurre ha travolto pregiudizi e stereotipi di genere, che per anni le hanno ac compagnate.
Ignorate dai più, solo 3 anni fa in una finale di Coppa Italia si ritrovarono con ilcampo di gioco senza l'erba tagliata allo Juventus Stadium per l'ultima di campionato delle bianconere campio nesse d'Italia. Pensate se fosse successo alla squadra maschile.
E non parliamo degli stereotipi. C'era chi ne sottolineava l'aggressività , chi usava il termine lesbiche come un insulto. Non uno qualunque, ma ilPresidente della Lega Nazionale dilettanti Felice Belolli, ora sfiduciato. Come tutte le ade te sono donne senza diritti. Non importa se vin cono spesso: solo nel mese di giugno 2019la me daglia d'argento World League con la squadra di pallavolo e con quella di pallanuoto , la meda glia di bronzo nel fioretto a squadre europeo, campionesse europee della pallavolo sorde, campionesse di canottaggio singolo, record mondiale del salto in lungo paralimpico. Nono stante l'impegno e la competenza sono sempre e comunque dilettanti forzate,non professioniste e neanche semi professioniste. Chi lavora deve essere tutelato, lo dice la nostra Costituzione. Lo sport non fa eccezione. E in questo il governo del calcio e dello sport e i governi del Paese han no una grande responsabilità , perché per 40 an nihanno relegato le donne all'ultimo scalino del dilettantismo. Con gravi conseguenze.
Le atlete non possono utilizzare gli strumenti della Legge 91 del1981. Per loro nessuna tute la, se non quella offerta solo dall'anno scorso con l'istituzione del Fondo statale di sostegno alle atlete in maternità, molto limita to. Le cal ciatrici non possono , per regolamento del set tore, avere un rimborso spese annuo superio re ai 27 mila euro. Al massimo possono essere aggiunti dei premi, fino ad arrivare a 40 mila euro annui. E così i calciatori milionari non hanno tetti e le donne sì. Mentre i professioni sti sono ritenuti lavoratori con conseguente li bera circolazione , le calciatrici come tutte le sportive hanno ancora ilcosiddetto «cartelli no», non sono proprietarie di se stesse ma del club, che può vendere e prestare l'atleta , incas sando denaro. Bisogna chiudere con questa pagina nera dello sport e questa vergogna ita liana. La legge va cambiata una volta per tut te. In Europa illavoro sportivo esiste, cerchia mo di essere un po' più europei e introdurla anche in Italia. La presidente di Assist , orga nizzazione delle atlete, Luisa Rizzitelli , spera che dopo 20 anni di battaglie si arrivi final mente a varare una legge che riconosca il lavo ro sportivo con tutte le tutele del caso. Se ne sta discutendo alla Camera e speriamo venga accolto anche l'emendamento Carfagna che andrà in votazione domani, che potenzia l'in dennità di maternità per le atlete e le misure di conciliazione dei tempi di vita.
Una cosa è certa, alle donne non si sta regalando nulla, con la loro grinta e con le loro vittorie si stanno conquistando la parità dei dirit ti nello sport, dopo 40 anni di opposizione del governo dello sport da sempre fortemente ma schilista e di latitanza dei governi nazionali .