Credo sia importante, oggi, tentare un bilancio sulla condizione femminile e sul suo strettissimo rapporto con le trasformazioni soociali e politiche che hanno carattterizzato il Paese negli ultimi deecenni.
Si tratta di un bilancio complesso e suggestivo che abbiamo il dovere di compiere in quanto legato al nostro passato di donne e di socialiste.
Per secoli la donna ha taciuto e l’uomo ha parlato per lei e, finché non ha avuto voce, la donna è esistita solo attraverso l’immagine costruita dall’uomo. Ma dalla riivoluzione francese in poi è tutto un susseguirsi di scoperte e di emozioni, di rivedicazioni e di conquiste: un lungo e faticoso cammino verso la parità che sembra destinato a compiersi, con il raggiungi mento di risultati sostanziali, proprio nella nostra epoca.
Fondamentali, in questo cammino, sono stati i movimenti femmministi degli anni 70, le cui importanti battaglie hanno contriibuito a rendere possibile alcune significative svolte del secolo. Penso al divorzio, alla riforma del diritto di famiglia, all’aborto. Sono state esperienze molto diverse da quelle di oggi, in quanto si sono caratterizzate, sul piano sociopolitico, per un chiaro ed inequivocabile atteggiamento antistituzionale.
Del resto non poteva che essere così; allora, infatti, le donne del movimento avevano, alle spalle, l’esperienza del ’68, avevano cioè vissuto la contestazione dell’autorità costituita, dalla famiglia alla scuola e allo Stato stesso, avevano insomma condiviso la crisi delle regole borghesi. avevano messo in discussione i vecchi valori e ne avevano proposti di nuovi.
Ma i movimenti femminilfemmministi, dopo questo primo atteggiamento fondamentalmente antistituzionale. avevano successivamente manifestato estraneità al clima politico che, alla fine dagli anni ’70, si andava delineando e cioè al disegno del compremesso storico che, come una tenaglia, tentava di chiudere la società in una definitiva staticità di dogmi. E’ stato solo con il maturare dei semi del ’68 che le donne hanno sentito l’esigenza di dialogare con le Istituzioni, in occasione,’ sopratttutto del grande confronto sul tema della violanza sessuale, e della conseguente presentazione della relativa legge. E’ in questa fase che alcune donne, provenienti dai movimenti. entrano a far parte delle istituzioni sia nazionali che locali.
Sono gli anni del secondo femminismo, durante i quali le donne, uscite dall’isolamento delle loro prime esperienze, iniziano a dialogare con le Istituzioni dando vita al femminismo «con cultura di governo».
Ma, se le donne all’esterno delle Istituzioni erano risultate le protagoniste di grandi rivendicazioni del secolo e il motore di una norrmativa avanzata come per esempio quella in materia di parità, nelle Istituzioni persistevano invece innumerevoli filtri che, posti lungo le strade che conducono alle leve del potere, limitavano di fatto la parità stessa.
Occorreva, dunque, che le donne entrassero in gran numero a far parte del gioco. per poterne cambiare le regole; che fossero, innsomma nei luoghi decisionali e di potere.
L’occasione per esprimere questo ed altro si è avuta. e non certamente per caso, con il primo gooverno a guida socialista. con la Commissione Nazionale per la parità presso Palazzo Chigi; organismo che, facendo tesoro del percorso delle donne in quegli annni, ha rappresentato la prima vera potesi di politica governativa al femminile.
E’, questa, una nuova ulteriore fase della storia femminile, quella caratterizzata dalla volontà di essci e di poter contare, per essere in grado di determinare cambiamenti.
Attraverso la spinta della Commmissione nazionale di Palazzo Chigi infatti, si è creata ovunque, nel paese, una «cultura istituzionale della parità», sono nate, e continuano a nascere, ovunque, Commissioni regionali, comunali e provinciali che corrispondono a quell’impegno ampio, organico e sistemativo.
Questa esperienza, per noi socialiiste. ha portato nel Partito a premere l’acceleratore su una politica femminile dove l’«esserci per contare e cambiare» è fondamentale. Ma lavorare oggi perché più donnne siano nelle Istituzioni centrali e locali, nei posti dove si decide, non ha affievolito i rapporti che il partito ha avuto e continuerà ad avere con il movimento, con l’associazionismo femminista, con le donne nella società.
Per noi socialiste tutto questo è parte integrante della nostra storia, della nostra cultura.
Non a caso, nel 1892, nasciamo come movimento-partito, dalla fusione dei garibaldini, degli anarchici e dei mazziniani e fin dalle nostre origini ci siamo connfrontati con quello che di nuovo emergeva nella società senza per questo mai tentare di fondere o confondere le due esperienze, quella politica e quella di movimento, riconoscendo ad ognuna di esse una propria autonomia, un proprio peso e un proprio linguaggio e riconoscendo sempre, in qualsiasi momento della nostra storia e contrariamente a quanto avvenuto per altre forze politiche, la necessità che queste due esperienze si arricchissero e si completassero reciprocamente.
Commento di Marta Ajò
Agata Alma Cappiello, allora responsabile delle donne socialiste e segretaria della Commissione nazionale di parità, in questo editoriale mette in rilievo due cose molo importanti.
Innanzi tutto il grande ruolo che la Commisione nazionale di parità ha avuto nel produrre ed eleborare una «cultura istituzionale della parità». Oggi, che la Commissione è praticamente sparita essendo stata sostituita da un ministero, è importante non dimenticare che esso è il frutto proprio di ciò che essa ha prodotto nel tempo e nella coscienza politica.
L’altro dato, sempre a memoria di chi tende a dimenticare la storia e che la Cappiello mette in rilievo, è il ruolo che il Partito socialista ha sviluppato verso una politica femminile, dove l’«esserci per contare e cambiare"è sempre stata un azione fondamentale di quel partito.