L'epidemia del “ciao Cara”

da | Dic 6, 2021 | Filosofando

di Maria Giovanna Farina

 

Essere amici nel senso più alto del termine, quindi condividere, volersi bene, darsi all’altro, è un’esperienza di pienezza totalizzante. Ci sono però delle false relazioni, sempre più difficili da stanare a causa anche di un malcostume linguistico dilagante dal quale è sempre più difficile tenersi alla larga. È da un po’ di tempo che una nuova epidemia verbale si sta facendo avanti senza alcun ostacolo grazie al suo volto gentile ed educato, si chiama “Ciao cara”, un saluto ormai all’ultima moda che mi lascia in uno stato di drammatica estraneità dal mondo delle buone pratiche.
Perché mi ha chiamato cara? Mi sono chiesta una delle prime volte, poi ho capito che lo diceva a tutte le amiche, conoscenti e persino alle estranee.
E pensare che le prime volte lo avevo udito dal salumiere, tanto per cambiare, quando ad un etto di prosciutto che gli avevo chiesto mi rispose: “Basta così, cara, le serve altro?”. Ricordo confusamente di avergli detto qualcosa come: “Mi chiami pure signora, non sono cara” e di averlo così ammutolito e ricondotto a quello che per me è un saluto più azzeccato e adatto per una cliente. Uscendo dalla prassi del commercio, il modo di dire si è allargato invadendo la maggior parte dei saluti o delle richieste di qualsiasi tipo: quel “cara” stereotipato vola epidemico tra tanti dialoghi dentro e fuori dal web.

Non ci resta che partire col chiederci cosa voglia dire cara. Dal latino, amata e diletta, quindi qualcuno a cui teniamo molto, direi in modo particolare. Tutti abbiamo imparato ad usare questo termine come incipit di una lettera quando scriviamo “Cara Donatella” per dire alla nostra amica che ci è affezionata, che la portiamo nel cuore, che è una persona privilegiata, una delle più amate tra tante.
Con il tempo è diventato un modo educato e un po’ formale per iniziare la lettera. Bene, oggi questo termine viene usato a destra e a manca senza aggiungere il nome, quindi non più Cara Donatella, ma solo “cara” e quasi sempre scritto minuscolo. Mi direte che sono troppo pretenziosa e che sto a trovare il pelo nell’uovo, ma non è così. Le parole, ripeto, hanno un senso, siamo tutti d’accordo? Usare l’appellativo “cara” senza aggiungere il nome è omologare l’amicizia, svilirla del suo valore, dare a tutte le persone lo stesso peso.
Dire “cara” a chiunque è ripetere una parola senza pensare al significato, ma c’è di più. Quel “cara” senza il nome proprio della persona a cui ci stiamo rivolgendo, è frutto della comunicazione del copia incolla, del dire “ciao cara” a tutti quelli che per qualche ragione ci interessa salutare: per farci ricordare, per questioni di lavoro o di altro interesse.

A chi ci dice “cara”, suggerisco di opporre una risposta aggiungendo il suo nome come: “Ciao cara Donatella”, correggeremo il suo modo di dire con il nostro che è completo e rispettoso della sua individualità, sia con la scrittura che a voce. Non rimaneteci male, non vi offendete: per carità! Se siete caduti nella trappola del ciao cara non dovete sentirvi oltraggiati dalle mie parole, è facile rimanere vittime di termini ripetuti ogni giorno, è capitato a tutti senza esclusione.
Pensiamo al modo di dire “Ho staccato la spina”, lo affermiamo senza renderci conto che stiamo parlando di noi e non di un frigorifero o di una lavatrice, senza volere lo “vendiamo” in assoluta buona fede facendo, però, il gioco di chi vuole sminuirci. Tornando al “cara”, l’amicizia va difesa con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione: essere amici è una forma di amore, lealtà, generosità da salvaguardare, sempre! L’amicizia è cara Amicizia.