L'ex coniuge che riduce l'affitto al suo inquilino non ottiene l'aumento dell'assegno dall'onerato

da | Nov 23, 2016 | Anno 2016

Bocciata l'istanza di una donna: unilaterale la decisione di decurtare il canone, che pure rappresenta l'unica fonte di reddito. Chi ha un immobile deve metterlo a frutto alle migliori condizioni possibili – Sentenza, 23 Novembre 2016

 

L’assegno di mantenimento non può essere aumentato solo perché l’ex decide di dimezzare il canone di locazione dell’immobile di sua proprietà, riducendo di fatto, la sua unica fonte di sostentamento. A stabilirlo è il tribunale di Roma con la sentenza n. 17532/16, depositata dalla prima sezione.

Il giudice capitolino stabilisce in favore di una donna separata un assegno di mantenimento di 300 euro rispetto ai 500 euro mensili richiesti. Comparate le situazioni dei coniugi, emergeva che la capacità reddituale dell’uomo era pari ad almeno il doppio rispetto a quella dichiarata e che la donna non avendo mai lavorato poteva contare solo sui proventi derivanti dai canoni di locazione di un appartamento di sua proprietà.
Come si evince dalla risultanze, la ricorrente «ha intrapreso due subprocedimenti» finalizzati a ottenere una modifica delle condizioni economiche della separazione, chiedendo l’aumento dell’assegno previsto per il mantenimento dell’unico figlio rimasto con lei (ad euro 800) e l’introduzione di un contributo di 500 euro per il suo mantenimento. La richiesta scaturiva dal fatto che la ricorrente aveva dimezzato il canone di locazione al conduttore dell’immobile e dunque ridotto la propria unica fonte di sostentamento. Tuttavia, ritiene il collegio «che rilevi nella specie il valore locativo astratto dell’immobile in questione e che siano pertanto irrilevanti le considerazioni svolte dall’istante circa l’asserita riduzione del canone originariamente pattuito, atteso che essa dispone di un immobile che è tenuta a mettere a frutto alle condizioni più redditizie possibili consentite dal mercato in un determinato momento». Dunque, ogni riduzione del canone unilateralmente stabilita, «senza dimostrare alcunché relativamente alle ragioni dell’effettuata decurtazione, sembra potersi imputare alla sola proprietaria dell’immobile». Il giudice non accoglie la richiesta di modifica per un episodio «esclusivamente riconducibile alla moglie, la quale peraltro, all’epoca dei provvedimenti presidenziali, risultava non percepire il reddito da locazione sospeso per disdetta del contratto, ma rinnovabile.