L’Inps paga tutta la maternità anche se il certificato è presentato oltre il settimo mese di gravidanza
L’astensione slitta fino al quarto mese dopo il parto: non disponibile il periodo complessivo dell’indennità: «sanzione» abnorme la decurtazione
L’Inps non può risparmiare sull’indennità di maternità anche se il certificato relativo all’astensione dal servizio della lavoratrice incinta risulta presentato oltre il settimo mese di gravidanza: se la documentazione viene acquisita nelle more, il datore paga la retribuzione alla dipendente che ha continuato a lavorare anche nell’ottavo mese della gestazione e l’istituto risparmia la relativa quota-parte di indennità, che dunque slitterà fino al quarto mese successivo alla nascita del bambino. È quanto emerge dalla sentenza 10180/13, pubblicata il 30 aprile dalla sezione lavoro della Cassazione.
Regole e obiettivi
Il ricorso dell’istituto previdenziale è bocciato contro le conclusioni del pm: il periodo complessivo di indennità di maternità, pari a cinque mesi, non risulta disponibile da parte dell’Inps. Sbaglia allora l’ente a detrarre dalla somma complessiva dell’indennità la quota relativa al quarto mese successivo al parto sul rilievo che la lavoratrice non potrebbe fruire del cosiddetto periodo “flessibile” della maternità. Il testo unico di cui al d.lgs. 151/01 offre alla gestante la possibilità di far slittare il periodo di astensione dal servizio, lavorando fino a un mese prima del parto, ma restando comunque fuori dall’azienda per cinque mesi in tutto; a patto, tuttavia, che vi siano i certificati medici secondo cui la prosecuzione del servizio non è rischiosa per il nascituro. E il datore che non tutela nel modo previsto dalla legge le lavoratrici rischia l’arresto, a condizione che chi adibisce la donna al lavoro sia consapevole dello stato di gravidanza. La mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro prestato nell’ottavo mese della gestazione risulta in violazione del divieto di legge (con tutte le conseguenze negative previste dal testo unico). Ma ciò non comporta alcun effetto sulla misura dell’indennità di maternità: la decurtazione decisa dall’Inps si risolve a danno della lavoratrice e consiste in una «sanzione» estranea alle regole e agli obiettivi della normativa a tutela delle lavoratrici madri.