L’iscrizione nelle liste di collocamento non basta al figlio cinquantenne per chiedere gli alimenti ai genitori
Il provvedimento di diniego non può essere impugnato per cassazione
L’iscrizione nelle liste di collocamento non è sufficiente al figlio adulto che si è creato un proprio nucleo familiare per chiedere ai genitori il versamento degli alimenti. Inoltre il provvedimento di rigetto della domanda, anche se avanzata in base all’articolo 700 del Cpc, non è ricorribile per cassazione, essendo privo dei caratteri di decisorietà e definitività. La parte, infatti, rimane sempre libera di proporre una nuova istanza.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla prima sezione civile della Cassazione con la sentenza 14833/2013 che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un cinquantenne nei confronti della propria madre.
L’uomo aveva chiesto al tribunale di assegnargli 50mila euro e un assegno mensile di 5mila euro a titolo di alimenti.
I giudici hanno respinto l’istanza richiamando peraltro una precedente pronuncia di rigetto della medesima pretesa avanzata questa volta nei confronti del padre. Il giudicante, in particolare, ha osservato che il richiedente aveva più di cinquanta anni, si era da tempo reso autonomo creando un proprio nucleo familiare e non aveva assolutamente dimostrato di essere nell’impossibilità di provvedere al proprio sostentamento. Infatti la domanda non si poteva considerare fondata per il solo fatto che il richiedente si era iscritto nelle liste di collocamento.
Contro la decisione l’uomo ha presentato, senza esito, ricorso in Cassazione. I giudici di legittimità hanno infatti affermato che nessuna censura poteva essere mossa alla decisione di merito vista l’età avanzata dell’uomo, la costituzione di un nucleo familiare autonomo e l’irrilevanza, ai fini del riconoscimento degli alimenti, della sua iscrizione nelle liste di collocamento.
Il ricorso, inoltre, è stato dichiarato inammissibile perché privo dei caratteri di definitività del provvedimento impugnato. Il rigetto dell’istanza avanzata in tribunale, infatti, ha concluso la Cassazione, non pregiudica al richiedente di riproporre una nuova domanda bloccando così qualsiasi possibilità di accesso alla Suprema corte.