di Augusta Amolini
E’ capitato a tutti di essere coinvolti in una discussione dove non abbiamo saputo sostenere il nostro contraddittorio. Ripensando con calma alla circostanza avremo indubbiamente trovato la risposta efficace che avremmo voluto dare per sostenere la nostra tesi.
L'intima sensazione che provoca quell’ ”avrei dovuto rispondere così”, è condensata nel senso di delusione che i francesi definiscono: “esprit de l'escalier”. Uno spirito tardivo che esprime il coraggio ricomposto, ritrovato sulle scale quando ormai ce ne stiamo andando.
Se la mancata capacità di dare una risposta adeguata viene intimamente riconosciuta come una fastidiosa ingiustizia, essa potrebbe invece essere trasformata in un'ottima strategia, non solo verbale ma anche comportamentale poiché nel confronto il silenzio spesso corrisponde a vincente cortesia. Lo testimonia il prudente detto ancora in uso: “il bel tacer non fu mai scritto”, attribuito al poeta e librettista Iacopo Badoer.
Convertire il nostro senso di frustrazione nell'idea che abbiamo evitato un’inutile inasprimento di animi e relazioni può rivelarsi un’azione superante, utile principalmente alla nostra serenità.
Interiormente tutti abbiamo consapevolezza che indurre una persona al silenzio non sempre ci rende fieri, neppure quando riteniamo di essere pienamente nel giusto. Infatti la cosiddetta “ragione”, come il taglio delle pietre preziose presenta sempre tante sfaccettature, si presta a varie interpretazioni e non può essere univoca.
Possiamo provare a considerare il nostro silenzio non come una passiva accettazione dei ruoli, ma la prevalenza inconscia di buon senso che ha evitato un conflitto diretto .
Il principio immateriale di rivalsa che scaturisce sulle scale potrebbe rappresentare lo scarico emotivo che segue la scelta saggia della pacificazione, piuttosto della via della contrapposizione.
Il confronto e i chiarimenti possono sempre essere rimandati.
Augusta Amolini