Tutte le volte che ci avviciniamo ad elezioni, vuoi che siano politiche, amministrative o, come nel caso delle prossime, europee, la prima domanda che noi donne (tignose, bisogna pur dirlo!) ci poniamo è quale candidata votare.
Si, andiamo subito al sodo. Voteremo donna.
Però, potendo scegliere, alcune domande legittime ce le dobbiamo porre.
Le femministe più scatenate hanno spesso sostenuto che a parità, meglio una donna senza qualità di un uomo altrettanto indegno. Ma le cose non stanno o non dovrebbero stare esattamente così.
Piuttosto sembra che non sia più tempo di prove, di tentativi o dell’ accontentarsi del meno peggio e che il cambiamento cui aspiriamo non può più passare da posizioni individualistiche o approssimate.
In elezioni libere e democratiche è sempre il tempo delle scelte, di fare pesare la propria volontà, l’ opinione e l’esercizio della partecipazione popolare. Quindi di una chiamata in correo perché nessuna politica può, non dovrebbe, svolgersi senza il consenso di chi la sceglie e la sostiene.
Bando ad ogni ingenuità. Non la pensiamo tutte alla stessa maniera, e ci mancherebbe! La democrazia è l’unica forma di libertà che ci è consentita e l’appiattimento del pensiero non è mai fecondo ma fine a se stesso.
Quindi da ogni parte si voglia esprimere una scelta, è bene che ci si basi su valutazioni di capacità politica dimostrabile, del programma scelto e delle proposte offerte, che devono apparire realistiche e perseguibili, infine che non mettano in discussione i diritti acquisiti dalle donne.
Dare il nostro appoggio, il nostro consenso, il nostro voto a chi sembra meritarlo senza farsi abbagliare come allodole davanti allo specchietto .
Nelle liste presentate da tutti i partiti, le donne non mancano. Anche perché il principio di parità e l’accesso alle cariche elettive ormai è formalmente conquistato, anche se meno sostanziato nella realtà, per fortuna perfettibile.
Ma chi sono le candidate? Da quali esperienze provengono? Hanno dato prova di sapere gestire ruoli amministrativi e pubblici? Ovvero saranno in grado di rappresentare e difendere le nostre istanze in Europa?
Perché la scelta di un voto è un affidamento sulla fiducia ma non cieco.
Ci si augura che chi le voterà nelle varie circoscrizioni le conosca, e quindi possa sceglierle sulla base dell’impegno dimostrato ma per le “altre”, quelle cioè che sono state messe dai partiti nelle liste per attrarre voti di opinione varia, di attrazione mediatica ecc. forse qualche riflessione in più non appare di troppo.
E’ indubbio che esse rappresentano categorie professionali con ruoli di prestigio già definiti e conquistati nel tempo, vuoi come giornalista, sportiva, capitana navale, insegnante ecc.
Ma è proprio nel rispetto di ciò che esse rappresentano che viene da chiedersi perché mai sottrarle a professioni così ben espletate, per mandarle al Parlamento Europeo. Che non è esattamente come andare in un talk.
Sottrarle al loro impegno professionale, lasciando un posto vuoto per riempirne uno altrimenti disponibile, non è che una vittoria in sottrazione che rende sempre meno raggiungibile un complessivo riequilibrio di genere.
Peccato per tutte quelle che non sono state presentate, che si sono fatte apprezzare per la presenza territoriale, per avere avviato forme concrete e verificabili di sostegno sociale, che sviluppano forza politica e di aggregazione, che conoscono dunque la materia di cui andare a discutere e non ultimo, anche per rappresentare le istanze femminili.
Ma ciononostante voteremo donna!
Non come una tassa da pagare, sfidando i dubbi e le incertezze, le appartenenze e le simpatie. Sulla scheda possiamo scrivere nome e cognome o solo cognome, più candidature di sesso diverso ma sempre un uomo e una donna. Chiaro?
pubblicato su Dols Magazine