Mancavano pochi giorni a Pasqua e come di consueto mi apprestavo alla preparazione per la Comunione, non sono una grande assidua dei Sacramenti, ma almeno a Pasqua e a Natale faccio la Comunione e non di rado, durante l’anno, è facile che ce ne scappi anche qualcuna extra. Quest’anno, per esempio mi ero comunicata anche il primo dell’anno per cui questa sarebbe stata la seconda volta; so che una brava cristiana dovrebbe comunicarsi più spesso, ma forte del mio buon comportamento di brava moglie e di premurosa madre di quattro figli, limito l’accostamento ai sacramenti a quelle poche volte l’anno. Naturalmente prima della Comunione faccio sempre la Confessione ed è molto difficile che mi capiti lo stesso confessore sia per via dei diversi orari e sia per il fatto che non frequento sempre la stessa parrocchia. Quest’anno essendo in vacanza per le feste pasquali mi recai in una chiesa nella quale non ero mai andata. Era una bella chiesetta di montagna che invitata davvero ad entrarci così decisi di espletare i miei doveri di brava cristiana proprio in questa accogliente chiesetta.
Dopo essermi preparata, entro e mi accosto alla finestrella del confessionale e subito una voce mi invita a farmi il segno della croce e a cominciare a rispondere alle solite domande di rito. Pareva che tutto procedesse per il meglio e nella più consueta normalità finché il confessore iniziò a farmi domande che francamente ritenevo talmente intime e personali da non dover confessare neppure a lui; vista la mia titubanza, anziché soprassedere e andare oltre questo prete iniziò a farmi una paternale che ritenni senza alcun dubbio eccessiva e fuori luogo a tal punto che, offesa, mi alzai a me ne andai.
Continuo ad andare in chiesa tutte le domeniche e nelle festività comandate, ma il timore di incontrare un altro confessore così poco sensibile ha fatto sì che quella fu la mia ultima confessione.
Mnemosine di Max Bonfanti ©Riproduzione riservata