Sul Riformista del 29 maggio Caterina Soffici ribadisce e puntualizza alcune cose sulla presa di posizione che l’Associazione Pari o Dispare, e c on essa tutte le numerose donne che vi hanno aderito, hanno preso contro l’immagine e gli stereotipi che il mezzo televisivo offre delle donne all’interno dei suoi programmi.
Ultimamente, sempre grazie alla richiesta dell’Associazione, si è ottenuto un grande risultato grazie all’approvazione in Commissione Vigilanza della Rai per l’istituzione di un Osservatorio di monitoraggio per la rappresentazione distorta della figura femminile.
Non è la prima volta che le donne si rivoltano contro questo uso ed abuso improprio delle donne e del loro corpo, ma, al ragionamento che fa Caterina Soffici, vorrei aggiungere una riflessione in più.
Ho il sospetto, forse una certezza, che le donne, le ragazze, non disdegnino del tutto di essere usate.
Per dare esempi più precisi, quando parliamo di “tette e culi”, non solo molte di esse accettano di mostrarli, ma è l’ulteriore forma in cui lo mostrano che la dice lunga sulla loro compartecipazione.
Se il loro fondoschiena e quello che c’è più in basso, come il loro fondo pancia e quello che c’è altrettanto più in basso, lo muovono, lo fanno roteare, lo porgono in avanti ed indietro, in senso ondulatorio e rotatorio aggiungendo a questi movimenti strizzatine d’occhio, sguardi maliziosi, sorrisi accattivanti e gesti concupiscenti, se si attorcigliano attorno ad un asse avvinghiandosi ad esso come animali in calore accompagnate da un fumetto immaginario (che anche se non è visibile si legge lo stesso) “mi vuoi? Ti piacerebbe? Per avere questo devi sudare, devi pagare, forse sarò tua…” o giù di lì, penso che la loro partecipazione non possa definirsi proprio o solo professionale. La professione di velina, show girl, attricetta, comparsa, invitata, ragazza immagine ecc. devi accettare di farla.
Alcune trasmissioni, solo per menzionarne una “Ciao Darwin” mostra al pubblico ludibrio i corpi femminili, ma queste ragazze appaiono contente di farlo.
Se nell’immaginario generico il loro è solo un corpo del cui uso volentieri molti o tutti ne approfitterebbero, nell’ immaginario personale di queste ragazze invece il loro nudo o semi potrebbe mostrare o avere quel qualcosa in più o di verso da farsi notare, sponsorizzare e immettere nel mercato, alcuni lo chiamano mondo, dello spettacolo.
E dietro tanti sogni infranti, tante storie senza lieto fine, tanta pornografia ammantata da ironia, si consuma ancora una volta lo svillaneggiamento della donna, la denigrazione dell’immagine del sé, di una cultura che non insegna la storia, le buone letture, il rispetto dell’individuo ma solo scorciatoie peregrine per arrivare al facile guadagno: costi quel che costi.