L’amore e la violenza s’intrecciano nella vita di questa coppia, teorizzatori della lotta armata contro lo Stato che negli anni ’70, definiti “anni di piombo”, costò tanti lutti al Paese.
Due folli? Due assassini? Di certo due giovani che hanno incrociato i loro destini.
Margherita Cagol, nasce in una famiglia della borghesia trentina nel 1945. Una giovane come tante, appassionata di sport, di musica suona la chitarra, studiosa, si laureerà con il massimo dei voti in Sociologia all’Università di Trento, dove conosce quello che diventerà, contro il parere della famiglia, il suo futuro marito e compagno politico.
Muore nel 1975.
Renato Curcio, nasce a Monterotondo (Roma) nel 1941. Un’infanzia difficile, passa l’adolescenza tra Milano e Albenga. Si trasferisce a Trento nel 1962 e si iscrive alla storica Facoltà di Sociologia, dove conosce quella che diventerà la sua futura moglie. Arrestato, sconterà 21 anni di carcere duro. Libero, fonda una cooperativa editoriale e di ricerca sociale.
E’ tuttora vivo.
L’Università di Trento fa da sfondo a questa storia.
In quel luogo, in quel contesto, in quel protagonismo molti giovani da tutta Italia si ritrovarono per iscriversi alla Facoltà di Sociologia, un ramo di studi fino ad allora sconosciuto negli insegnamenti universitari.
L’unica ad aprire la possibilità di iscriversi pur senza avere fatto il percorso liceale, consentendo libertà di accesso anche a studenti provenienti dagli istituti tecnici dando loro la possibilità di conseguire la laurea in quella “scienza”.
Furono anni di grande fervore, di dibattito fra studenti e docenti, nella società e nella politica, una parte della quale appoggiò questo percorso consentendo a quella Facoltà di divenire norma.
Quel luogo si trasformò in una sorta di “campus” dove non solo si discuteva della scienza sociologica ma anche di lotta di classe, di partecipazione, di formazione politica, nella ricerca di una nuova e diversa identità rispetto alla realtà sociale di quegli anni. In quella Università, dove si sono formati e ne sono usciti molti dei protagonisti dell’azione diretta a scardinare il potere costituito attraverso un “processo rivoluzionario”, si è svolta un pezzo della nostra storia.
Ed è proprio in questo contesto che avviene l’incontro tra Margherita Cagol e Renato Curcio.
Saranno proprio loro a passare dallo studio alla militanza attiva, ad avviare un loro progetto rivoluzionario fondando le Brigate Rosse.
Sotto quel nome agivano altri giovani che, organizzati in gruppi armati seminarono il terrore attraverso azioni dimostrative quanto violente. L’escalation fu rapida e non ci volle molto perché divenissero un obiettivo da sconfiggere e catturare.
Margherita e Renato, scegliendo la clandestinità per continuare la loro battaglia, decisero di trasferirsi a Torino
Due innamorati
Eppure, dietro il racconto, dietro la storia, dietro i nomi , Margherita e Renato erano due giovani innamorati che condividevano tutto, corpo e pensiero. Costretti a nascondersi, ad essere latitanti per sempre , lei perderà un bambino ma la via intrapresa non consentirà loro di pensare ad allargare la famiglia.
Il passaggio dagli incendi dimostrativi alle macchine dei capi aziendali , ai sequestri di manager con richiesta di riscatto, azioni contro forze dell’ordine, omicidi, tutto fu breve quanto inevitabile.
Al centro di ogni azione la volontà di colpire, oltre la fabbrica, il potere politico.
La fine
La lucida e folle corsa intrapresa porterà all’ arresto di Curcio. Portato nel carcere di Casale Monferrato viene liberato grazie all’intervento della moglie, che minaccia i carcerieri con il mitra.
Il successivo sequestro dell’industriale Gancia, sarà la loro ultima operazione.
Margherita Cagol sarà la mente dell’azione, la guida e la guardiana del sequestrato per tutto il tempo della prigionia.
Come in una grande sceneggiatura, questa sarà l’ impresa decisiva, quella che costerà la vita a Margherita.
La polizia farà irruzione nella cascina dove si nascondono.
L’ultima immagine ricorda una giovane donna in ginocchio con le mani alzate in un inutile segno di resa.
Sarà colpita da un proiettile e finirà così la sua giovane vita.
Determinata, coraggiosa e feroce brigatista ma anche figlia:
“Cari genitori non pensate per favore che io sia incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. È giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi da ragione come l’ha data alla Resistenza del ’45. Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi, non ce ne sono altri.”
Alla madre:
“Questa società… ha estremo bisogno di essere trasformata da un profondo processo rivoluzionario… Tutto ciò che è possibile fare per combattere questo sistema è dovere farlo, perché questo credo sia il senso profondo della nostra vita… La vita è una cosa troppo importante per spenderla male”.
Gli altri
“L’opinione pubblica la dipingerà come la donna che per amore è stata disposta a tutto, perfino a sparare, negandole quell’autonomia di pensiero e di iniziativa che ha invece caratterizzato tutte le sue scelte. “(Enciclopedia delle donne)
“Che abbia voluto l’organizzazione armata quanto me, se non più di me, è un fatto” (Renato Curcio, suo marito)