di Elisabetta Righi Iwanejko
Per la prima volta, alla porta dell’ambasciata italiana di Washington, appendiamo un fiocco rosa. Mariangela Zappia, dal 2018 ad oggi rappresentante per l’Italia al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, ha convinto tutti. Il Premier Mario Draghi e il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio si sono infatti trovati d’accordo e così, sulla scrivania della Zappia, è arrivato un biglietto aereo diretto al cuore della democrazia americana.
La nuova capomissione, 61 anni, tanta esperienza e una carriera ricca di muri abbattuti, prenderà il posto di Armando Verricchio, arrivato a fine mandato dopo quasi 5 anni di lavoro negli States e ora diretto a Berlino. Oltre all’impiego nell’ONU, Mariangela Zappia vanta sul curriculum, la carica di Consigliera Diplomatica e Sherpa G7 – G20 del Presidente del Consiglio dei Ministri nel biennio 2016-2018 e quella di Rappresentante Permanente presso il Consiglio Atlantico e presso le Nazioni Unite.
Con lei a capo della missione diplomatica dell’Italia negli Stati Uniti, il Segretario di Stato Tony Blinken e il presidente Joe Biden trovano una fervente amante del multilateralismo. Dopo lo scoppio della pandemia, l’ambasciatrice ha più volte ricordato in pubblico l’importanza delle alleanza tra paesi diversi con l’obiettivo di perseguire un obiettivo comune.
“Il virus si sconfigge solo se lo si affronta assieme – ha ricordato in un intervento – rafforzando l’assistenza ai paesi più vulnerabili e trasformando la crisi in un’opportunità di rinnovamento radicale. Multilateralismo e cooperazione internazionale sono fondamentali per affrontare l’emergenza e costruire la ripresa”. Certo, ma perchè tutto questo accada, occorre che il multilateralismo funzioni senza intoppi e che tutti i suoi meccanismi siano perfettamente oliati. Zappia è onesta nel riconoscere i problemi che lo frenano ed è per questo convinta che il sistema vada “senz’altro riformato, perchè presenta inefficienze e sclerosi. Basti pensare, nel caso delle Nazioni Unite, al Consiglio di Sicurezza, la cui struttura e composizione riflette ancora oggi equilibri del dopoguerra ormai superati. Ma questi limiti non debbono indurre a un disimpegno dal multilateralismo. Bisognerebbe piuttosto rinnovare l’impegno a cambiare queste istituzioni per il meglio”. Tutti temi che sottolinea da tempo e che già due anni fa, in un’intervista rilasciata alla Voce di New York, aveva approfondito.
Tutto passerà per la cooperazione e il lavoro di squadra, con in mente un traguardo ben preciso. Concludere la missione avendo stretto con ancor più forza le relazioni internazionali che intercorrono tra i paesi dell’ONU. “Nei suoi 75 anni di vita – conclude l’ambasciatrice – le Nazioni Unite hanno contribuito a un innalzamento del benessere complessivo globale. Hanno garantito il mantenimento della pace, codificato e vigilato all’attuazione di un corpus giuridico internazionale che rappresenta un codice comune universale a tutela degli Stati e dei diritti della persona. L’ONU fa la differenza ogni giorno sul terreno per milioni di persone che sono vittime di insicurezza alimentare, conflitti, terrorismo, catastrofi ambientali, ed ora a causa della pandemia. L’assegnazione del Premio Nobel al Programma Alimentare Mondiale nel 2020, è un riconoscimento giusto e meritato di questo impegno, oltre ad essere motivo di orgoglio per l’Italia che ospita il polo agroalimentare a Roma e che con la base logistica di Brindisi sostiene il braccio operativo indispensabile alle operazioni di pace e agli interventi umanitari dell’Onu in tutto il mondo”. Nel giugno 2019 le è stata conferita la “Mela d'Oro”, riconoscimento assegnato dalla Fondazione Marisa Bellisario alle donne che si sono contraddistinte per il loro contributo, a livello nazionale e internazionale, in istituzioni pubbliche, management, scienza, economia, cultura, media e sport.