«Signori e Signore del Consiglio – scrive Strauss-Kahn – è con infinita tristezza che mi sento obbligato a presentare oggi al consiglio esecutivo le mie dimissioni dalla mia posizione di Direttore Generale dell’FMI….. ».
Non se la passa bene l’ormai ex-direttore del Fondo Monetario Internazionale, uno degli uomini più potenti del mondo politico ed economico; non se la passa bene da quando è caduto nelle mani di un giudice americano che lo deve giudicare per il reato di abuso e violenza contro una donna. Non se la passa bene e si vede.
Non ha fatto neanche in tempo a firmare la sua lettera di dimissioni che tutti erano già pronti a pensare alla sua sostituzione; come è aleatorio il potere!
Questa storia sa già di “marcio” nella lettura dei giornali; ormai si sa quello che c’è da sapere e se qualche cosa, in sua difesa, dovesse emergere, riguarda ormai la giustizia che lo ha preso in carica.
Quello che invece viene da osservare, come lettore informato dei fatti, è come vengano fuori due aspetti della questione, sempre meno marginali.
La prima è quella politica: un uomo che gestisce una delle fette economiche più potenti del mondo, che rappresenta un riferimento politico di primo ordine tanto da essere considerato un possibile candidato (vincitore) per le prossime presidenziali francesi, cade in flagrante peccato con ignominia pubblica, come un malcapitato scippatore. La politica non è un ambiente tenero; chi vince comanda e chi perde è dimenticato. Come sta avvenendo per Strauss-Khan, al di la di qualche rara e flebile voce amica che lo indica come vittima di un complotto, nessuno pensa al passato, fatti di pochi giorni e che ha il suo nome, ma al futuro ed alla sua sostituzione, anticamera del dimenticatoio.
La seconda è quella umana: monsieur Strauss-Khan è un uomo come molti ce ne sono. L’illusione di essere diversi grazie ad un potere come passepartout nella vita, come elisir che tutto consente e tutto copre, gli è sfuggita di mano; l’arroganza di potersi permettere tutto coperto da immunità totale gli è crollata sulla testa.
Potere=impunità: un sogno ricorrente nella classe politica in ogni luogo, che si arroga questo beneficio, spesso, anche per legge.
Per questo la vicenda di monsieur Strauss-Khan, finisce, purtroppo, con un risvolto patetico e molto umano, sintetizzato in una delle frasi, sicuramente la più importante ai nostri occhi, della lettera in cui pone le sue dimissioni:
“Penso in questo momento per prima cosa a mia moglie – che amo più di ogni cosa – ai miei figli, alla mia famiglia, ai miei amici…”
In questo momento…appunto! Perché quando il potere è attivo, ti fa dimenticare di coloro che ti circondano senza doppio fine, per affetto, per ammirazione, dai quali spesso il potere distrae o rende indifferenti.
Sicuramente, per un uomo potente come Srauss-Khan, quelli di questi ultimi giorni sono i momenti peggiori della propria vita. Non a caso viene tenuto sotto controllo 24 h per paura che possa tentare il suicidio e lo capiamo, umanamente lo capiamo.
Come comprendiamo, ma non ci piace, che nella disperazione Monsieur Strauss-Khan si aggrappi alla famiglia come “bene rifugio”, l’ultimo su cui può contare.