Nasrin Sotoudeh, Iran

da | Mar 18, 2019 | Donne dal mondo

Firma la petizione

 

Sono tantissime le donne nel mondo che lottano per difendere e migliorare la condizione di tantissime altre.
Nasrin Sotoudeh è una di queste e forse troppo poco avremmo saputo di lei e del suo impegno se non fosse stata condannata a 38 anni di carcere e 148 frustate.

La sua professione di avvocata (è laureata in diritto internazionale) la porta a difendere gli attivisti-oppositori del regime iraniano e in sostegno delle donne arrestate per avere tolto il velo in pubblico. Attivista lei stessa e accusata di avere diffuso menzogne contro lo Stato viene arrestata già nel 2010 e condannata ad una pena di 11 anni di prigione. Pur ridotta,
il 30 dicembre del 2018 subisce un altro processo i cui capi di imputazione a suo carico sono: propaganda contro il regime, partecipazione al movimento contro la pena di morte e incitamento ad “azioni immorali”.
Ne marzo 2019 arriva la condanna definitiva.

Alcune organizzazioni di diritti umani hanno chiesto che Nasrin venga liberata.
In sua difesa è attiva una petizione da firmare la petizione di Amnesty International

“Sotto il regime teocratico, il paese vive tuttora in una situazione contradditoria tra aperture formali all’Occidente e forte repressione interna. La storia di Nasrin Sotoudeh è emblematica anche da questo punto di vista: è sposata con un uomo che la sostiene senza remora alcuna, ma viene perseguitata da un potere che non tollera un messaggio di uguaglianza e libertà per le donne. La dignità che le è riconosciuta all’interno del vincolo matrimoniale viene calpestata dal potere ufficiale.

Come avvocatessa si è esposta per garantire a molte minoranze il diritto di avere una voce: nel 2009 difese gli oppositori politici di Ahmadinejad, in seguito alla sua elezione a Presidente, si schierò anche al fianco dei prigionieri condannati a morte per reati commessi da minorenni. E’ il braccio destro del Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. La difesa delle donne è stata l’altra battaglia che l’ha vista impegnata a costo di alti rischi personali: un anno fa si era esposta sostenendo le “ragazze di via Rivoluzione”, giovani donne che hanno scelto di togliere il velo sventolandolo come una bandiera.

«Il sistema giudiziario», aveva detto Nasrin, «approva sentenze di durezza sorprendente contro queste donne, ma non penso che potrà fermare così le proteste contro l’hijab obbligatorio: continueranno. L’unico modo in cui affrontarle è prestare attenzione». (Vanity Fair)