Nicla Vassallo, filosofa

da | Giu 23, 2011 | Interviste/Video

 Nicla Vassallo

L’attuale crisi dei modelli economici, politici e sociali è caratterizzata da un graduale spossessamento dei diritti e degli strumenti democratici. Ci sono alternative praticabili per sfuggire a questa erosione?

Un’alternativa consiste nel far sì che ognuno acquisisca maggior consapevolezza e competenza per recarsi alle urne. Tuttavia cittadine e cittadini conseguono, solitamente, consapevolezza e competenza attraverso quegli organi di informazione che, in alcuni paesi, non godono della debita libertà. Cosicché si finisce deprivati degli strumenti per votare bene e vengono eletti candidati inadatti al buon governo, attraverso l’espressione di una banale preferenza, priva della necessaria conoscenza politica. Spesso, questo meccanismo impedisce che il voto favorisca il bene comune, il che ha diverse conseguenze, tra cui la fatica di cogliere uno dei tanti sensi della democrazia: il bene comune e condiviso.

Democrazia versus egoismo?

Nella nostra epoca è subentrato un egoismo incondizionato, per cui in troppi si disinteressano dell’altrui felicità, oltre che della ricerca della verità. Un grave errore, dato che, in mancanza di un’effettiva società solidale, il singolo individuo si ritrova costretto a un’esistenza paranoide. Evidenziare la problematicità della situazione è tra le ragioni che mi hanno sollecitato a scrivere “Per sentito dire” (Feltrinelli), volume in cui le complesse relazioni tra individualismo, conoscenza, democrazia divengono lampanti. Con una qualche angoscia di fondo, però. Difatti, ho affidato l’epilogo al George Orwell di 1984, cui seguono alcune versi di Paul Celan, quali “Nessuno/testimonia/per il testimone”.
Rispetto alle nuove tecnologie e ai nuovi modi di fare/subire/leggere informazioni, si ha l’impressione che cliccare “mi piace” su facebook sia il modo contemporaneo di partecipare alla vita pubblica. L’attivismo che fine ha fatto?
L’ultimo capitolo di “Per sentito dire” è, non a caso, dedicato a Internet; vi tratto, tra l’altro, di un fare, coperto dall’anonimato di colui che agisce, che somiglia in effetti a un non-fare. Ad ogni buon conto, i “sì” e “no” digitati su una tastiera rappresentano un’azione semplicistica e poco partecipativa, in cui l’individuo si espone di rado. Presenta ben altre proprietà positive l’azione in cui si mette in gioco non solo il proprio nome, ma pure la propria faccia, la propria mente, la propria reputazione: si tratta di un’azione in cui esprimiamo qualcosa di elaborato. Senza insultare alcuno, né noi stessi, né gli altri.

Perché vengono oscurati i modelli “alternativi”, come ad esempio quelli che mettono in discussione il dualismo concettuale, cultura/natura, civile/primitivo mente/corpo, maschio/femmina (dualismo che non è mai simmetrico, come sostiene Donna Haraway nel suo Manifesto Cyborg, ma è basato sul predominio di un elemento sull’altro)?

I modelli alternativi ai tanti dualismi vengono oscurati scientemente, ma non dobbiamo nasconderci una certa ignoranza in proposito, pure tra gli intellettuali. Da una parte i modelli diversi e necessari, oltre che possibili, esistono e richiedono che ci si confronti seriamente con essi, dall’altra gli attuali dualismi risultano convenienti: nel loro essere sommari, addirittura sbrigativi, consentono a una certa classe socio-economico-politica di imporci norme, del tutto funzionali al fine di esercitare su di noi un controllo, controllo erosivo rispetto alle nostre autodeterminazioni e creatività. Se qualcosa abbiamo mostrato Concita De Gregorio e io, scrivendo a quattro mani “La velata”, corposa introduzione al volume “Sul velo” (il Saggiatore) della sociologa algerino-newyorkese Marnia Lazreg, è proprio la coercitività di parecchi pregiudizi che si traducono in forma dualistica e ci vengono spacciati per valori, quando, invece, valori non sono.

Fra i maestri o le “guide” intellettuali, il punto di vista femminile viene oscurato. Secondo lei perché?

Sebbene non sempre oscurate nel corso della storia, le donne lo sono state spesso; basti pensare che l’onore è andato di frequente agli uomini rispetto a scoperte scientifiche realizzate da donne, o a cui le donne hanno offerto contribuiti significativi: i Nobel rubati non si contano. Eppure, limitando l’attenzione a nomi di grande respiro, le Saffo, le Melanie Klein, le Margaret Mead, le Iris Murdoch non mancano, sebbene poche riescano a ottenere la meritata celebrità. Il problema finisce allora col consistere in questo: d’accordo, molte donne di calibro vengono relegate ai margini, ma perché quando si consegue fama, questa viene fagocitata? Si consideri una scienziata riconosciuta, di cui quest’anno si celebra il centenario del Nobel per la chimica: Maria Sklodowska-Curie (il suo secondo Nobel, dopo quello ottenuto insieme al marito Pierre per la fisica nel 1903); se si fosse trattato di un uomo (vincere due Nobel è stata finora impresa da pochi) le cose avrebbero assunto una piega differente, invece la ricorrenza “Curie” sta passando in sordina.

Quale spiegazione si dà di questa incongruenza?

Dobbiamo ammettere che il mondo intellettuale prosegue col venir regimentato da un branco di alcuni uomini che si cooptano tra loro, privi della nozione dell’urgenza di una mente androgina, già invocata dalla straordinaria Virginia Woolf. Ma Virginia Woolf era inglese e la situazione italiana rimane invece critica in ogni settore. Se fosse diversamente, le classifiche internazionali, che stabiliscono il gender gap, non ci relegherebbero al settantaquattresimo posto nel mondo. Curioso che, di fronte a questo dato, in pochi si scandalizzino; ci si stupisce, invece, quando, oltre il dato in sé, viene precisato che ci troviamo dietro a Botswana, Ghana, Romania, e via dicendo. Perché?

Una questione di diritti?

Certe “categorie” vengono prese di mira. Le donne, non tutte però. Occorre sempre considerare le appartenenze. Di classe sociale, solo per fare un esempio, e domandarsi cosa accomuna una bimba inglese che diventerà la Regina d’Inghilterra e una bimba tailandese destinata a oggetto del turismo sessuale occidentale. Di più: vigono diritti sulla carta che non trovano realizzazione nel concreto. Ma vi sono pure i diritti negati, umani, civili, culturali, come nel caso delle donne e degli uomini omosessuali. Lo mette bene in evidenza una filosofa, Martha C. Nussbaum, in “Disgusto e umanità” (il Saggiatore), volume che Vittorio Lingiardi e io, proprio allo scopo di difendere i diritti delle cosiddette minoranze – ma lo sono poi di fatto, o si impone loro di essere tali? -, abbiamo introdotto con un saggio denso e intitolato – volutamente, s’intende – “Classificazioni sospette”.

Quale mondo si figura?

C’è chi sosterebbe che occorrono innanzitutto strumenti d’immaginazione. Non io. Credo piuttosto che si debba pensare dapprima a un mondo migliore, che si nutre di conoscenza, per far poi ricadere i pensieri validi nel reale. Sono le dittature, non le democrazie, a controllare, limitare, manipolare la conoscenza. Che cos’è la democrazia e viviamo effettivamente in essa? Senza conoscenza, la democrazia non si può dare. Dobbiamo realizzare ciò al più presto.

A giugno si concludono due cicli di lezioni magistrali “Le virtù delle donne” e “Questioni di coscienza” da lei ideati, rispettivamente per l’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna e per la Fondazione per la Cultura di Palazzo Ducale. Quali riflessioni emergono sulle tante libertà felici e vitali, ostacolate da deleteri cliché e stereotipi?

Esiste una virtù femminile contrapposta a quella maschile, e una questione di coscienza femminile contrapposta a quella maschile? Direi di no, nel senso che “il maschile” e “il femminile”, al pari di altri stereotipi, vengono prescritti per semplificare la realtà, per reinventarla a piacimento, per sorvegliarci; donne e uomini si adeguano, vi aspirano, senza comprendere il problema, e così facendo incarcerano se stessi in norme insensate. Ci sono però carcerieri e carcerati. Non dimentichiamo la libertà, di cui disponiamo, di non appartenere né agli uni, né agli altri.

intervista di Elena Ribet

Nicla Vassallo, http://www.niclavassallo.net/, specializzatasi a Londra, al King’s College, Professore Ordinario di Filosofia Teoretica, è filosofa di fama nazionale e internazionale. Della sua autorevole, brillante sostanziosa produzione scientifica, ci limitiamo a ricordare alcune pubblicazioni del 2011 in italiano: Per sentito dire. Conoscenza e testimonianza (Feltrinelli), La velata, con Concita De Gregorio, in Sul velo di Marnia Lazreg (il Saggiatore) e Classificazioni sospette, con Vittorio Lingiardi, in Disgusto e umanità di Martha C. Nussbaum (il Saggiatore). Tra i suoi futuri progetti, nuovi e permanenti soggiorni di ricerca all’estero, nonché saggi e volumi sempre più in lingua inglese.