Conosco un filosofo il cui motto è Ognuno è suo, mi sono chiesta più volte cosa volesse dire con quella breve frase, soprattutto a chi era rivolto l’aggettivo suo, se a sé stesso o a Dio. Per la nostra religione infatti ognuno di noi appartiene a Dio e non a sé stesso, ma poteva un filosofo asserire un concetto tanto sfruttato?
No, mi sono detta e allora voleva dire che quel è suo era riferito a sé stesso/a. A qualcosa ero arrivata ma restava pur sempre da capire cosa volesse intendere con quel è suo. Glielo chiesi e me lo spiegò, ma in modo che non capii subito e che ritenni sibillino, aggiungendo che la risposta più esaustiva l’avrei avuta da me stessa. Mi sentivo al punto di partenza e detto tra noi, quasi in presa in giro, ma la stima che nutrivo per lui me lo impedì così continuai a cercare una risposta, come mi aveva detto, che venisse da me. La risposta sarebbe arrivata, mi disse, anche se preceduta da un periodo propedeutico necessario all’eureka.
Continuai la mia vita di sempre cercando di applicare, come suggeritomi, quel sintetico concetto alle cose di tutti i giorni come mangiare, dormire, andare a fare la spesa, stare in coda davanti ad uno sportello, aspettare una risposta delicata, gioire e soffrire. Ogni tanto mi pareva di essere prossima all’eureka, ma la certezza non mi assaliva come avrebbe dovuto, mi sfiorava, lambiva il mio essere lasciandomi ancora nell’aporia. Ne parlai con lui e mi disse che ero sulla strada giusta e che da lì a poco avrei compreso in tutta la sua essenza il suo motto.
Avrei dovuto aspettare solo il catalizzatore giusto per me. Cominciai ad entrare nell’idea quando mi accorsi che in certi frangenti della vita ero sola sia nel bene che nel male e quando un giorno guardandomi allo specchio mi accorsi che il tempo era inesorabilmente passato lasciando solo lo stanco ricordo di ciò che ero, che nessuno avrebbe mai potuto seguirmi nel mio viaggio verso l’ignoto e che tutte le sensazioni che provavo erano solo mie e di nessun’altra, allora capii in tutta la sua interezza cosa volesse dire Ognuno è suo.
Mnemosine di Max Bonfanti ©Riproduzione riservata