Ultima giornata di Dialoghi a Spoleto, dove si racconta della banca delle sementi, una risorsa per i paesi più poveri
Sesta e ultima giornata dei Dialoghi di Spoleto, le donne cambieranno il mondo, coordinati da Paola Severini Melograni. Il tema, donne e agricoltura, donne e terra. Ospiti due donne di eccezione Olga Urbani a capo dell’azienda che produce e esporta nel mondo il tartufo, re del cibo italiano, e Shoshana Haran, israeliana , capo di Fair Planet che raccoglie i semi per aiutare i Paesi del mondo a combattere la fame. Clelia Piperno, a capo del progetto Talmud, sottolinea l’importanza di questa giornata nell’ottica dello sviluppo sostenibile, un modo per tendere la mano alle nuove generazioni.
Olga Urbani racconta come la sua azienda sia ormai alla sesta generazione e affronta sempre nuove sfide sul mercato internazionale. Lei ne è orgogliosa. Ormai produce 700 tipi di prodotti diversi a base di tartufo, per dare risposta sul mercato mondiale ai differenti gusti dei Paesi. Olga rivendica il gran numero di donne che lavorano nell’azienda, e dice che il tartufo ha bisogno di mani delicate quando viene trattato. Ritiene che una donna possa vincere le sfide se unisce umiltà, professionalità e determinazione. Shoshana ha tutta un’altra storia. Lei è una biologa israeliana, vive in kibbutz e ha lavorato per tantissimi anni in società che commerciavano semi. I migliori semi andavano ai Paesi sviluppati . E così, ritiratasi dal lavoro, ha deciso di mettere al servizio di chi soffre le sue competenze. Il progetto si sviluppa in Etiopia, i semi della speranza di Fair Planet. Offre la possibilità di autosostentamento alle popolazioni. Racconta di essere partita da 20 specie di pomodoro diverse e di averli testati in Etiopia, e selezionati.
Così è arrivata a identificare una specie che rende più sul territorio d’Etiopia di quella locale. E’ orgogliosa di quello che sta facendo, e si impegna in un processo di formazione e accompagnamento degli agricoltori etiopi . Il reddito delle famiglie coinvolte è cresciuto, anche di 5 volte, con effetti positivi sulla formazione dei bambini. Shosana è felice di aver messo le sue competenze al servizio delle comunità locali etiopi. Lo ha fatto anche puntando all’empowerment delle donne che in Etiopia vivono in condizioni terribili e hanno bisogno di costruire la loro indipendenza economica. Non è una cosa nuova costruire una banca dei semi, sottolineo nel mio intervento. Ma l’importante è la finalizzazione del suo utilizzo, la battaglia contro la fame. Esiste la famosa banca dei semi delle Svalbard, scavata in un bunker profondo 120 metri a -18 gradi di temperatura, dove sono conservati più di un milione di semi e dove c’è spazio fino a 4 milioni e mezzo.
Le banche dei semi sono uno strumento utilissimo per salvaguardare la biodiversità. Alcune sono a scopo di lucro, altre no. Non è un caso che una esperienza del genere sia nata in Israele e da una donna che vive in kibbutz. E’ proprio in Israele tra l’altro, nel Negev, che sono riusciti a far germogliare 13 anni fa una palma da dattero vecchia di 2000 anni, ritrovata 40 anni prima negli scavi di Masada. E non è da poco intervenire in Etiopia. I dati sul Paese sono terribili. Un bambino ogni 15 non arriva al quinto anno di vita. Il 60% dei bambini non è vaccinato agli 8 vaccini di base.Il 65% delle donne ha subito mutilazioni genitali. La violenza contro le donne è molto diffusa e la maggioranza delle donne la giustifica per qualche motivo. L’11% vive in poligamia. La speranza di vita delle donne è 65anni. Senza considerare che il 70% delle donne è analfabeta e così il 53% delle giovani da 15 a 24 anni. E quindi non c’è da meravigliarsi se l’età media al matrimonio è 17 anni e il numero di figli per donna 4,5.
La situazione in Addis Abeba è meno arretrata, ma di strada da fare ce n’è tantissima con una porzione enorme di povertà. La conclusione interessante è svolta dal presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia. La sfida che abbiamo di fronte, secondo lui, è produrre di più senza superfruttare la terra e con un maggiore utilizzo delle tecnologie, modello italiano e israeliano contro quello superintensivo dI altri Paesi. La georeferenziazione è uno strumento fondamentale per operare adeguatamente ed anche per risparmiare acqua. E le donne in questi processi sono fondamentali, sostiene, uniscono tradizione e innovazione. E ricorda che una donna ha fondato Federterra nel 1901, la prima dirigente sindacale nella storia italiana. Il petrolio del domani sarà la terra e le donne possono trasformarlo in un grande strumento di resilienza per sè stesse e l’umanità intera.
di Linda Laura Sabbadini
pubblicato su La Stampa il 16/07/2018
Immagine: Tre giovani in un kibbutz