di Olimpia Bineschi
Essere moglie e marito in Pakistan. Confesso di non aver capito ancora bene quale sia il significato profondo e cosa di fatto esso sia nella vita quotidiana.
Dopo oltre due anni di vita nel paese, trascorsi sia nelle grandi città che in aree rurali ho visto numerosi fidanzamenti, matrimoni, conflitti e relazioni familiari. Potrei dire nulla di diverso da ciò che vedo a casa mia ovvero in Europa, e invece no: senza nulla togliere alle nostre crisi relazionali (qui si parla solo di donne e uomini perché le coppie gay e lesbiche certo non si fanno vedere in giro e comunque non si sposano), le ultime due settimane – durante Eid-ul-Fitr, la festa che celebra la fine del Ramadan e che scandalosamente regala ben cinque giorni ufficiali di vacanza – sono stata testimone e anche partecipe di scene e racconti di vita “familiare” che mi hanno riportato indietro a vecchissime reminiscenze di storia del diritto delle donne ai tempi dei seminari della Società delle Storiche; o anche a “Fanny e Alexander” di Bergman, insomma a qualcosa che va assai indietro nel tempo, ma istituzionalizzato nel presente, dove al cinema si vedono “Jurassic Park” e “Mission impossible”.
Famiglia. Impossibile parlare di matrimonio se non si comprende l’importanza dell’istituzione familiare, che già in Italia ho sempre visto come un precetto da abolire con regio decreto, e che qui mi sembra piuttosto un cappio al collo messo ai neonati da cui solo la morte pietosamente ti libera.
Il legame di sangue qui significa tutto: il clan, il possesso della terra e di altri beni; ci si sposa prima di tutto tra cugini di primo grado o tra rampolli di famiglie amiche, perché così i panni sporchi si lavano dentro una unica lavatrice. Le madri, regine prigioniere della casa, decidono dell’educazione dei figli e delle nuore che terranno in casa (se sei ricco e hai più spazio ti spetta un appartamento nella stessa villa o stabile, se no una stanza, magari la stessa di quando eri un adolescente e che poi dividerai con tua moglie). La famiglia emigra, tu emigri, un esponente della casta litiga con un cugino o un cognato: bene, ci si incontra in gruppi separati o per dirla modernamente, il capofamiglia ti dichiara ufficialmente bannato. Il marito lavora in un’altra città? Sua madre è pronta a rivelare ogni mancanza della nuora al suo ritorno nel fine settimana. E se il marito incappa in qualche trasgressione chi lo controlla? Nessuno, of course. Nelle grandi città le ragazze al primo incontro con un giovane di loro gradimento chiedono subito se il povero ha intenzioni serie e se in caso vuole andare a casa sua con i genitori: reazione che ha come conseguenza locali pubblici pieni di gruppi di ragazzi e ragazze che escono per conto loro. Ci credo, lo farei anche io…
Fidanzamenti. Ne ho già scritto in passato ma ci torno volentieri perché questa volta il fidanzamento (non ancora ufficializzato) che ho seguito riguarda un ragazzo che praticamente diventato un figlio adottivo. Ha sempre giurato che mai e poi mai avrebbe sposato una ragazza selezionata dalla famiglia (va detto a onor del vero, che quando ti viene presentata la candidata o il candidato il diretto interessato può dire no e allora la famiglia sfoglia di nuovo la margherita del clan per scegliere il prossimo/la prossima, pensa un po’ che fortuna… E così il giovane ha fatto: ha conosciuto una collega coetanea sul posto di lavoro (poi emigrata coraggiosamente da sola a Dubai) e l’ha scelta come fidanzata. Il primo contatto della fanciulla con la famiglia di lui è stata una telefonata fatta alla futura suocera di pura cortesia. Poi io, in qualità di madre in seconda e confidente di famiglia, l’ho incontrata nel corso di un viaggio a Dubai: mi è sembrata bella, elegante e determinata, con le idee molto chiare riguardo al futuro. Lei credeva che volessi prendere le difese del figlioccio che tentenna sul suo trasferimento e invece ha confessato di essere stupita perché io le ho suggerito di non aspettarlo ma di guardare avanti, Dubai è un oceano di opportunità, non solo lavorative. Quando ci siamo riviste in Pakistan per Eid lei aveva già conosciuto la suocera e una futura cognata: la prima è molto scettica, la trova troppo elegante, istruita e persino brutta, per reggere il paragone con le altre mogli della famiglia. Teme, soprattutto che lei non si faccia comandare come si deve e che lui potrebbe far fatica a esercitare il ruolo che gli compete, cioè il marito che detta legge. Il pranzo è stato ricambiato in casa di lei: fanciulla nervosissima, madre degna di un romanzo di Jane Austen impegnata nella caccia al genero, il quale ha avuto accesso (il massimo dell’azzardo) nella stanza dove noi donne eravamo riunite, per mettersi dal lato opposto a dove la fidanzata era seduta tacendo e osservando. Questo sarà nulla quando si tratterà di parlare delle nozze: lei ha già deciso che vuole sposarsi con una semplice cerimonia a Dubai, rinunciando ai costosissimi tre giorni di celebrazioni che in Pakistan quasi quasi fanno anche i barboni. In famiglia avranno bisogno di un buon cardiologo.
In realtà il fidanzamento non significa solo sancire uno stato sociale (qui se a 35 anni sei ancora single sei praticamente da buttare, per non usare le volgarità con cui gli uomini usano esprimersi in merito): mi sposerò-il mio fidanzato fa parte di-avrò casa e vestiti, e a mia volta avrò il potere che mi spetta come guardiana della cella domestica. Significa anche molto una transazione economica a favore iniziale della famiglia della sposa: i parenti del fidanzato devono infatti portare in “pagamento” oro e gioielli, le donne terre e rendite e tutto è ovviamente equiparato allo status economico. Qualcosa che ho capito col tempo, quando mi stupivo davanti all’attenzione eccessiva che i miei amici uomini mostravano nel guardare i miei (non preziosi) gioielli e ne valutavano pietre e metalli. Il fidanzamento è sancito da un cerimonia in cui si annuncia quando verranno fissate le nozze. Grazie a Internet e ai telefoni cellulari oggi i promessi sposi si inviano foto e selfie, chattano di notte e ovviamente si controllano a vicenda. E’ da tempo che cerco di capire dove sia almeno un pallido senso di vera felicità in tutto questo (a parte iniziare una vita sessuale regolare, concessa solo dopo l’istituzione del matrimonio). E grazie a Internet ora anche la app Muzmatch mette in contatto ragazze e ragazzi musulmani in cerca del partner ideale: oltre alle caratteristiche fisiche, gusti, hobby, studi, viene chiesto anzitutto se i prescelti sono sunniti o sciiti, così giusto per evitare di perdere tempo con incontri impossibili.
Matrimoni. Realtà più variegata e complessa. Dettata da numerose variabili: cominciamo col dire che chi non si sposa o decide di non sposarsi è visto come un caso grave una eccezione senza speranze. E ovviamente come non legare l’istituzione al pressante e naturale desiderio di una vita sessuale? Ovvio che il sesso si pratica in Pakistan fuori dal matrimonio ma non è cosa semplice: i più giovani e innamorati non vogliono “compromettere” le ragazze che amano, e se poi le famiglie non si mettessero d’accordo cosa succederebbe? Il giro di prostituzione è immenso e a vari livelli; ma ci sono anche le e gli amanti, internet, le chat, gli incontri segreti, le guest house compiacenti che per un po’ di soldi infrangono la legge e ti affittano una stanza.
Questo è lo scenario esteriore. Che include, lo dicevamo, la preparazione delle nozze, social event, esibizione di ricchezza, ostentazione di lusso e naturalmente creazione di nuove possibili relazioni per matrimoni (e affari) futuri.
Scenario interiore. L’incipit celeberrimo di “Anna Karenina” -“Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” – mi torna spesso alla mente. Non è questa una critica alla crisi del modello matrimoniale (l’Europa ne è variamente afflitta), quanto una messa in discussione di me stessa, in quanto soggetto sessuato che viene da un’altra cultura e ha combattuto altre battaglie e cerca di capire quello che a volte non è di facile comprensione nel suo impatto con questa parte di mondo islamico. Nella mia esperienza incontro coppie giovani e anziane, di tutte queste e dopo tanto tempo solo una (over 50) mi ha sempre dato l’idea dell’unione di due nonni ancora innamorati, felicemente dipendenti l’una dall’altro. Tutti gli altri mi danno spesso i brividi. Che le mogli lavorino o no hanno diritto di vita e di morte sul regno della casa e l’educazione quotidiana dei figli; per tutto il resto l’interazione con il coniuge procede su binari paralleli, semplici ed essenziali: gli uomini sanno sempre dove sono le donne, queste ultime no. Gli uomini non danno spiegazione se rientrano tardi, dove vanno e con chi, se decidono di vivere in un’altra città e non portare la moglie con sé. La costruzione dell’unione matrimoniale è basata sul sacro vincolo della bugia: ci si mente per le cose più piccole, le donne sul budget familiare, per esempio, sull’esclusione dei mariti da alcuni eventi sociali o anche da chatting con altri uomini incontrati chissà dove; gli uomini ovviamente se hanno un’amante, liberi di tornare a casa nel cuore della notte. Certo che litigano, certo che la tensione si trasforma in una guerra quotidiana (è un gioco tra me e mia moglie, ha cercato di spiegarmi una sera un amico; un gioco al massacro penso io, che li lascia alternativamente sempre esausti). E soprattutto infelici, come la maggioranza di loro si dichiara, infelice e in qualche modo malata, depressa, frustrante conseguenza della mancanza di libertà e autodeterminazione, che ovviamente non è solo dovuta alle qualità delle relazioni interpersonali, quanto piuttosto esse ne sono sono affette da una società che non lascia margini al relativismo, al secolarismo e in molti aspetti e per alcune fasce sociali, alla libertà personale.
Poligamia. Fenomeno in lenta decrescita. Tra i giovani, motore del cambiamento anche se molto lento, l’ipotesi di avere più di una moglie non viene nemmeno presa in considerazione. Avere due mogli è comunque ancora pratica diffusa, maggiormente nelle aree rurali ma non disdegnata nelle città. Il matrimonio musulmano viene sottoscritto da un contratto che va rigidamente rispettato, se poi le mogli sono due, il tempo, il denaro, le proprietà, tutto deve essere distribuito equamente dal marito tra le due consorti, sesso incluso. Conosco tre bigami, molto diversi tra loro, infelici e confusi e le loro storie sono ancora capaci di sorprendermi. Il primo vive a Dubai da oltre vent’anni con tutta la famiglia: dividono una grande casa, mogli incluse. La seconda, mi ha spiegato una volta, è stata scelta dietro le pressioni della madre in perenne conflitto con la prima nuora: l’anziana signora ha così suggerito l’ingresso di una seconda moglie più giovane, in modo da “distrarre l’attenzione” dalle liti familiari. Il mio amico ha acconsentito, la fanciulla è stata trovata e ha scelto di sua sponte e così eccolo bigamo: cambia camera da letto a notti alterne, il giovedì ha diritto a riposo perché dorme nella stanza dei figli. Mi confessa che anche quando torna stanco morto dal lavoro deve adempiere ai suoi doveri di marito perché al mattino dopo “la mancanza” verrebbe subito resa pubblica (confesso che la sera in cui me l’ha raccontato ci ho bevuto su tanto, anche per lui, astemio per scelta religiosa). Il secondo, dopo 14 anni di matrimonio e cinque figli, povero in canna, si è innamorato di una giovane collega e l’ha sposata: è sicuro che il suo diabete si sia acuito dopo pochi mesi in cui ha subito urla e litigi, vetri rotti e bambini piangenti, fino a quando la seconda sposa ha trovato un amante, è stata scoperta e ha almeno ripreso in mano la sua vita. Il terzo è fresco secondo sposo da pochi mesi: ha voluto la seconda moglie a tutti i costi, l’approvazione della prima moglie (e dei quattro figli) non è vincolante, ma a chiunque chiedi, tutti ti rispondono che le prime mogli infine acconsentono purché il loro amore “sia felice”. Nulla di più falso: le liti sono violente e spesso le prime mogli vengono variamente punite per questo loro “inspiegabile” comportamento. L’ultima che ho visto era irriconoscibile, dimagrita, gli occhi gonfi, sempre in silenzio si tormentava le mani nel corso di una giornata di festa dove nella casa materna la prima e la seconda si sono alternate nelle visite di cortesia con evidenti e differenti stati d’animo.
L’unica variabile che non ho mai visto contemplata, in questa imposizione medioevale che non concede alle donne lo stesso diritto ad avere più di un marito, è la felicità.