Passata la festa, gabbato lo santo?

da | Mar 11, 2025 | L'impertinente

 

Tutto previsto.
Passato l’8 marzo (ancora con qualche refolo), ottenuta la visibilità, l’attenzione giusta e-o necessaria per riaffermare di “esistere” e di volere “contare-cambiare”, ottenuta cioè la mediaticità di cui quella celebrazione pone-richiede, tutte/tutti stanno rientrando nei ranghi.

Della convivenza, della mediazione e della trattativa politica.
Cosa hanno lasciato gli striscioni agitati per le strade? Cosa resta degli slogan gridati a squarciagola?
Immagini e parole.

Però, finalmente, si inaspriranno le pene per i reati di violenza contro le donne.
Perché un ddl presentato dal Governo contiene perla prima volta il riconoscimento del femminicido come delitto di fattispecie autonoma rispetto all’omicidio.
“La principale novità riguarda l’aggravante che deriva dall’uccisione di una donna “come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà”. Un’aggravante che verrà punita con l’ergastolo.

Il disegno di legge prevede inoltre di aumentare la pena da un terzo alla metà per il reato di maltrattamenti e da un terzo a due terzi in casi di stalking e revenge porn, nei casi in cui il fatto è commesso come atto di discriminazione, odio o per reprimere l’esercizio dei diritti della donna. Vengono inoltre introdotte specifiche circostanze aggravanti per i delitti tipi del codice rosso, prevedendo inoltre sempre l’audizione “obbligatoria” della persona offesa da parte del pubblico ministero, un’audizione non delegabile alla polizia giudiziaria. Introdotti anche obblighi informativi e riflessi in materia di organizzazione del pubblico ministero. Inoltre viene introdotto l’obbligo per i magistrati di partecipare ad almeno un corso specifico di formazione.

Per la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, l’introduzione di un reato autonomo è “una novità dirompente”, ma anche “una novità da un punto di vista più ampio, della cultura, è un tentativo di produrre un mutamento culturale”.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parla di un “passo avanti nell’azione di sistema che sta portando avanti fin dal suo insediamento per contrastare la violenza nei confronti delle donne e per tutelare le vittime. Il Consiglio dei ministri ha varato un decreto-legge estremamente significativo, che introduce nel nostro ordinamento il delitto di femminicidio come reato autonomo, sanzionandolo con l’ergastolo, e prevede aggravanti e aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. Norme che considero molto importanti e che abbiamo fortemente voluto per dare una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga”.

Eppure c’è già chi pone una serie di distinguo sul significato stesso di femminicidio nonostante che questa evoluzione legislativa sottolinei il modus del reato.

D’altra parte basterebbero le statistiche allarmanti nel 2024, una donna uccisa ogni tre giorni, per sollecitare un cambiamento in questa direzione.
Giustamente la ministra alle Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha sottolineato che la nuova legge non è solo un cambiamento giuridico, ma un tentativo di promuovere un mutamento culturale.
La lotta contro la violenza di genere richiede un approccio integrato che coinvolga non solo il sistema giudiziario, ma anche la società nel suo complesso. Non solo vittime e carnefici ma gli stessi magistrati che dovranno essere formati all’uopo, partecipando a corsi specifici sulla violenza di genere: le nuove norme richiedono che i pubblici ministeri ascoltino direttamente le vittime, garantendo loro un ruolo attivo nel processo giudiziario. Inoltre, l’accesso ai benefici penitenziari per i condannati per reati di violenza di genere sarà limitato, e le vittime saranno informate dell’uscita dal carcere degli aggressori.

Il tutto è stato annunciato in occasione dell’8 marzo e non vogliamo essere maliziose però,  non è che passata la festa,  dovremo continuare nel futuro a chiederci cos’altro si debba fare?