Almeno una volta nella vita ognuno di noi ha provato l’attrazione speciale per un oggetto, magari iniziando a farne una piccola collezione, ma questo certo non vuol dire essere un collezionista nel vero senso della parola. Perché dietro all’essere collezionista c’è un aspetto del carattere che da tempo è oggetto di studio.
“Che cosa spinge un individuo a raccogliere oggetti fino a farne una vera e propria collezione. Più o meno tutti abbiamo collezionato qualcosa durante la vita a partire ad esempio dalle figurine durante l’infanzia. Spesso la collezionare ha inizio per caso, abbiamo due oggetti della stessa categoria e ciò stimola il desiderio di ricercarne altre versioni. Poi nasce la sfida all’appropriazione di tante repliche che a volte rappresentano nostre parti mancanti. Ritengo che il collezionista metta in atto spesso un bisogno appropriativo, cioè una necessità che diventa una sfida con se stessi, sfida che non potrà avere fine perché le repliche di un oggetto sono infinite. E allora si continua per poter vantare, almeno, un numero apprezzabile di pezzi. È una rivalsa ed un desiderio di potere.
Quando il collezionismo, però, porta ad una compulsione vera e propria e magari mette a rischio le finanze della famiglia, diventa un problema patologico. È davvero un serio problema. A questo proposito vorrei citare uno studio pubblicato qualche anno fa sulla rivista Brain dove un gruppo di studiosi americani (Università dell’Iowa) sosteneva che il collezionismo sarebbe indotto da una alterazione cerebrale dovuta ad un trauma del lobo frontale del cervello. Ciò comporterebbe una “compulsione all’acquisto” (disturbo compulsivo ossessivo) che spinge all’accumulo di oggetti anche inutili e di scarso valore (vecchie cartoline, bottigliette vuote, ecc.), ma ci sono casi in cui il collezionista è disposto a spendere una fortuna per un oggetto ed è qui che nasce il problema finanziario.
Senza voler confutare lo studio citato, ritengo che in molti casi sia da considerare come causa del disturbo l’influenza dell’ambiente e delle persone dove l’individuo nasce, cresce ed instaura le proprie relazioni. Se consideriamo il comportamento compulsivo ossessivo, non credo che il soggetto se ne possa rendere conto del tutto; ciò è terreno della psichiatria. Ho conosciuto persone con una grande e costosa passione per la collezione di un genere, ma senza che ciò diventasse una patologia.
Posso citarvi un collezionista di elefanti sempre alla ricerca di nuovi esemplari di tutti i materiali possibili, dall’oro al cartone. Ricordiamo che l’oggetto di cui vogliamo appropriarci parla di noi, l’elefante rappresenta la forza e la longevità a cui possiamo anelare, ma ad un’analisi più profonda e simbolica è il maschile ed il femminile insieme: la proboscide che porta tutto alla bocca rimanda ad un continuo atto sessuale.
Se il collezionare rimane una necessità non ossessiva non crea grosse alterazioni alla normale vita. Se si vuole invece comprenderne l’origine è necessaria un’indagine profonda nella propria intimità, ma se siamo già nell’area dell’ossessione compulsiva allora, come ho detto poc’anzi, è indispensabile uno psichiatra.
Maria Giovanna farina