di Elisabetta Righi Iwanejko
Una nazione divisa, un paese spaccato a metà, due visioni a confronto. Queste le naturali conseguenze di un'elezione presidenziale diretta come in Francia o come per i presidenti delle regioni e i sindaci delle città italiane. Secondo mandato per Andrzej Duda che ottiene il 51,21 % contro il 48,79% del sindaco di Varsavia Ralaf Trzaskowski. Comunque continua l'anomalia polacca dove dal 2005 si alternano alla presidenza e al governo le due destre.
La sinistra rappresentata dagli ex comunisti del partito socialdemocratico, è ridotta ai minimi termini, malgrado abbia lo storico merito di avere conseguito l'adesione alle Nato e all'Ue. La destra nazionalista, populista, euroscettica conserva il controllo di Palazzo Belvedere e del Sejm. Un'era iniziata nell'estate 2015 e che si concluderà nel 2025. La destra moderata, liberale, europea orfana del suo leader Donald Tusk premier dal 2007 al 2014 e Presidente del Consiglio Europeo dal 2014 al 2019 ha un avvenire radioso. L'apertura ai diritti e alle pari opportunità, soprattutto alle associazioni LGBT, ha certamente penalizzato l'esito elettorale, senza tuttavia precludere le prospettive future. La destra nazionalista di Jaroslaw Kaczynski, fratello del Presidente Lech deceduto insieme all'establishment militare nell'incidente aereo di Smolensk del 10 aprile 2010, rischia di scontrarsi con il resto d'Europa.
Le leggi che hanno sancito il controllo governativo sulla Banca Nazionale, sulla Radiotelevisione di Stato, sulla Corte Costituzionale sono una pesante spada di Damocle. La Polonia ha disperatamente bisogno di Bruxelles stretta tra Berlino e Mosca. Washington e Londra sono geograficamente lontane anche se vicine sul piano diplomatico-militare. Trump ha addirittura ricevuto Duda alla Casa Bianca prima del ballottaggio nell'ottica di rafforzare il fronte sovranista europeo. Varsavia non può crogiolarsi nello splendido isolamento dell'Ungheria di Orban che è situata al centro della Mitteleuropa e non rientra nelle sfere di influenza russa e tedesca.
La Polonia è membro del cosiddetto Blocco di Visegrad, ma al contrario di Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria vanta infatti un background storico drammatico ingoiata prima dai nazisti e poi divorata dai sovietici. Un popolo che ha pagato con il sangue e spartizioni di territorio, un'esistenza travagliata e contrassegnata da guerre con i due potenti vicini confinanti. Le matite dei diplomatici inglesi e francesi disegnarono la Polonia sulla cartina geografica del vecchio continente. Lo stesso Trattato di Versailles aveva partorito un cuscinetto tra Germania e Urss con l'aborto spontaneo del corridoio di Danzica. Una città, già nella Lega Anseatica, che ha ancora oggi metà dei cognomi di origine tedesca. Trasformare Danzica in una città polacca è stato un errore madornale che ha causato la più grande tragedia della storia universale, la seconda guerra mondiale, che ha generato l'Olocausto e la bomba atomica, che neanche il sorvolo degli F16 israeliani su Auschwitz nel 2003 è riuscito ad attenuare.