TAVOLA DELLE DONNE SULLA VIOLENZA E SULLA SICUREZZA NELLA CITTA’
Partecipare al Progetto Insieme contro la violenza di genere ha significato per
Per svolgere il nostro lavoro siamo partite da ricerche svolte in alcuni quartieri della città, che hanno avuto differenti fini e scopi.
Comprendere la percezione di sicurezza da parte delle cittadine e dei cittadini rispetto alla violenza di genere, il vissuto e l’immaginario delle e degli abitanti di un quartiere nei confronti della “vita pubblica” vissuta nel quartiere stesso.
Lo scopo delle ricerche è stato il desiderio di creare modelli per momenti di pratica alternativa e di prevenzione nelle scuole e nei quartieri al fine di elaborare proposte partecipative in grado di produrre strumenti più articolati sui problemi che ne sono scaturiti.
Comprendere che l’aggregato urbano odierno si è trasformato: non esistono forti differenze fra quella che è considerata la periferia dal centro della città. I suggerimenti importanti che abbiamo colto hanno valenza cittadina. Questa è già una prima osservazione che abbiamo dedotto dal nostro lavoro.
Le problematiche scaturite nelle ricerche le abbiamo sviluppate nel lavoro svolto con le donne, attraverso la pratica di Focus Group, di incontri formali ed informali, su cui abbiamo operato e che successivamente abbiamo sviluppato nel seminario a Rimini del 22 gennaio 2010, “CONVIVENZA DI GENERE E CONVIVENZA FRA I GENERI” che ha rappresentato la restituzione del nostro operare.
Abbiamo elaborato alcune indicazioni che ci provenivano dalle ricerche stesse. Da dove proviene il senso di insicurezza che attraversa oggi donne e uomini? Abbiamo elaborato ciò che può provenire da elementi oggettivi e materiali raccolti dalle testimonianze, come ad esempio la mancanza di luci nelle strade cittadine, la carenza di strumenti preventivi di salvaguardia personale, il battage dei mass-media, ecc. Abbiamo cercato di approfondire da dove nasce “l’immaginario” della PAURA che caratterizza sempre di più la presenza e la convivenza tra generi.
“Il sentimento della paura dell’ignoto e il sentimento della minaccia dell’ignoto non erano sensazioni nel tempo condivise. E’ in questo momento storico relazionale che ci troviamo invece in una situazione in cui il confine passa molto spesso dentro il nostro stesso quotidiano. Abbiamo la necessità di confrontarci con un altro da sé che non conosciamo di cui non sappiamo la storia, la provenienza, i riferimenti. I confini dunque oggi passano attraverso le famiglie, i quartieri, i condomini stessi. Che cosa succede? Che ognuno di noi ha introiettato un sentimento di minaccia costante e di paura diffusa di fronte ad un ignoto che è praticamente dappertutto. Il nemico, si dice in termini sociali, è alle porte. Quindi l’ignoto, l’altro da sé, la persona che non si conosce è completamente diffusa ovunque c’è la possibilità dell’incontro con un’alterità totale che porta con sé anche determinatezza della percezione di sé in una relazione che non ha la certezza né riferimenti e regole. Abbiamo la percezione di un’insicurezza diffusa e quindi il tema della paura, è un sentimento che ognuno di noi vive in modo molto forte. In questo naturalmente i messaggi sociali che ci provengono dalla televisione, dai mass media hanno buon gioco. Questo è un aspetto. C’è una frammentazione tale per cui non sentiamo più le reti familiari, le reti sociali, come delle reti protettive perché l’ignoto ci può sempre essere. Abbiamo paura dell’extra comunitario che ci è venuto ad abitare di fianco, abbiamo paura, a volte, delle persone stesse che abbiamo in casa, perché le vite non sono più vite condivise in termini di tempo e di spazio ma sono vite che molto spesso si incontrano solo in alcuni momenti .”
Il senso della paura della paura dell’altro da sé diventa la misura delle relazioni post-moderne. Nasce da qui la necessità di educare-rsi alla consapevolezza e al conflitto.
Riteniamo che il tema della violenza di genere si inscrive ampiamente nel tema della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni . Nella postmodernità si è parlato di disintegrazione dell’io di una disintegrazione delle relazioni.
Da qui l’importanza di un’altra parola “chiave” che abbiamo utilizzato nel nostro lavoro all’interno del Progetto Insieme: l’educazione a nuove e diverse relazioni poiché il tema della relazione di genere è inscritto in quello più ampio assolutamente attuale delle relazioni con la diversità.
Quindi saper gestire il conflitto, è diventata una delle sfide sociali, relazionali, familiari, educative più importanti di cui cominciare a tenere conto. In tale senso esistono interessanti e diffuse esperienze all’interno delle scuole, ma non bastano. Noi proponiamo il modello più attuale della gestione dei conflitti win win: sei vinco, se io cambio e negozio, anche tu vinci, tu cambi, tu negozi ed entrambi otteniamo un risultato e una soddisfazione.
E’ importante dunque pensare all’insegnamento anche nei termini di educazione all’incontro e alla relazione con l’altro da sé perché questa sfida diventerà sempre più pressante per un mondo i cui confini sono allargati fino a non essere più del tutto visibili.
Costruire la rete
Il tema di lavoro importante è quello pedagogico dell’educare se stessa e gli altri, a cominciare dai bambini e dalle bambine, a riflettere sulle relazioni che oggi si presentano come profondamente sfaccettate e multiformi. In questa riflessione occorre diventare consapevole degli schemi maladattivi che talvolta rendono prigioniera di relazioni violente non solo dal punto di vista fisiche, ma anche psicologico con forme di minaccia profonde all’identità e all’autostima tali che la persona diventai realmente impotente e prigioniera di un carnefice in grado di distruggere la capacità di pensarsi in modo autonomo e libero.
La consapevolezza l’abbiamo vista affiorare attraverso il parlare, il verbalizzare, il confrontarsi, a partire dai racconti e dalle interviste raccolte nella trasmissione a Radio Città Fujiko da Piera Stefanini. Parlare di sé significa sovente scoprire che si condivide lo stesso tipo di vita costretta all’interno della paura di un altro, della minorità acquisita a causa di un familiare o di una persona con cui si condivide una relazione.
Tutto ciò rappresenta la sapienza di partire da Sé attraverso il riconoscimento e l’esplicitazione delle proprie emozioni e la comunicazione della paura e del disagio. Per tutte le donne, infatti, investire tempo in un percorso di qualificazione e riqualificazione coincide nella maggior parte dei casi in un progetto di revisione della percezione di Sé, del proprio ruolo sociale, della propria autostima.
Un’ultima considerazione riguarda, infatti, la capacità e la possibilità reale delle donne di creare dei modelli sociali e relazionali che siano finalmente fondati sullo specifico femminile: ascoltare, condividere, parlare di sé.
Poter autenticamente condividere questo punto di vista femminile sul mondo e sulle relazioni può e deve diventare elemento di crescita globale da cui si auspica che anche gli uomini possano e debbano imparare a guardare e riflettere sulle proprie sconfitte e sulle proprie debolezze che diventano violenze sociali.
Riteniamo infine, di grande importanza, discutere e confrontarci con le altre associazioni di donne della città, con singole, con le donne delle istituzioni della città e della Regione. Auspichiamo un incontro al fine di iniziare un percorso che porti a una costruzione reale di una RETE.
Questa è la sfida che
Simonetta Botti Maria Grazia Negrini
Simonetta Botti nata a Salsomaggiore Terme (PR), vive ad Altedo (BO), pedagogista, formatrice, esperta di tematiche della comunicazione in situazioni di disagi, di gestione dei conflitti nei gruppi di lavoro, di autoformazione rispetto all’integrazione di fasce deboli di popolazione e del pregiudizio. Docente a contratto presso
Dal 2006 fa parte dell’Associazione Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza della città come esperta di progetti volti alla prevenzione della discriminazione e la violenza in genere.
Maria Grazia Negrini nata a Bologna, insegnante di Diritto ed Economia nelle scuole superiori, dal 1972 al 1983, dal 1983 responsabile per il Comune di Bologna del Centro di Documentazione Ricerca ed Iniziativa delle donne. Fonda, assieme al Gruppo di lavoro sulla violenza alle donne la prima casa di accoglienza per donne maltrattate ed i loro bambini in Italia nel 1990. Si occupa di problemi sociali, prostituzione, violenza alle donne. Svolge lavoro “politico sociale" sul territorio. Dal 2006 è Presidente della Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città.
Progetto finanziato dal Dipartimento Per le Pari Opportunità presso