Sull’onda del femminicidio di Giulia e dell’omicidio del piccolo Thiago il Governo ha emesso una seria di provvedimenti che tendono all’inasprimento delle misure già in essere, senza intervenire sulle ragioni di fondo che sottostanno alla violenza maschile di genere.
Siamo molto preoccupate perché il dramma strutturale della violenza non è stato affrontato nella sua evidente complessità.
Bisogna agire subito.
Non c’è più tempo.
Ci sono troppe donne in pericolo.
Cosa fare? Passare dalle parole ai fatti.
Promuovere con decisione politiche urgenti per garantire la parità di genere, incrementare l’occupazione femminile, sostenere l’indipendenza economica, l’autonomia e l’emancipazione delle donne, azioni fondamentali per contrastare la violenza sulle donne, ce lo dice e lo raccomanda la Convenzione di Istanbul.
La violenza è la rappresentazione del desiderio di controllo, dominio e possesso degli uomini sulle donne, anche quando la relazione si è conclusa.
E’ questo il nodo fondamentale, ma non possiamo abituarci a questa situazione.
Noi donne da tempo chiediamo che le Istituzioni mettano subito in atto politiche attive, coerenti e coordinate per far fronte al drammatico problema della violenza maschile sulle donne.
Si deve agire assieme a tutte le associazioni che hanno costruito in questi anni grande professionalità nell’affrontare il problema, con tutti gli operatori coinvolti (operatori sociali, sanitari, del mondo della giustizia, delle forze dell’ordine, della scuola, dell’università, dei media, dell’imprenditoria) per realizzare politiche ed azioni integrate.
Abbiamo già rilevato che il braccialetto elettronico – con la distanza minima di 500 metri- non è uno strumento innovativo di prevenzione e soprattutto non dissuade il maltrattante, come molti casi tragici purtroppo ci testimoniano.
Così come il rafforzamento dell’ammonimento e la convocazione in Questura anche senza denuncia in realtà creano una condizione di maggior pericolo per noi donne.
Oltre alla necessità di mettere in campo azioni di prevenzione come cambiamento culturale e contrasto alla vittimizzazione istituzionale e l’attivazione di veri percorsi educativi crediamo fortemente sulla necessità di mettere a punto un Codice unico sulla violenza che diventi il punto di riferimento per gli addetti ai lavori al fine di poter adottare decisioni univoche e coerenti, troppo spesso inficiate dall’infinita giurisprudenza al riguardo e dalla diversa interpretazione dei termini come abbiamo letto in questi giorni su “premeditazione” e “crudeltà”.
Isa Maggi – Stati generali delle Donne