Quando i magistrati umiliano le donne. La giustizia al maschile

da | Ott 2, 2021 | L'opinione

di Linda Laura Sabbadini*

Un giorno del 2019 si svolge in una cittadina galiziana la festa locale. Tanta gente. Tante donne. Pochi servizi igienici. E così molte persone sono costrette ad urinare all'aperto. Un centinaio di donne vengono filmate di nascosto mentre urinavano.
I video vengono pubblicati su siti porno anche a pagamento. Che fa il giudice? Archivia l'inchiesta.
Dignità delle donne calpestata doppiamente. E grave l'azione di filmare di nascosto in una situazione simile, ancora più grave l'atto del giudice in un Paese
democratico.
Corpi delle donne violati nella più profonda intimità,corpi trasformati in macchine da soldi. Dorme umiliate. Il tutto contro la loro volontà. Che cosa è questo se non calpestare la dignità delle donne? Molte di loro, scioccate dal fatto, avevano presentato
denuncia, si erano rivolte al Tribunale, appunto per avere giustizia, come si fa in un Paese democratico.
Ma il giudice Pablo Muñoz Vázquez, è stato irremovibile. Aveva già archiviato il caso lo scorso anno e non ha proprio voluto riaprirlo. Sapete perché?
Perché essendo stati effettuati i filmati in luogo pubblico, ciò non rappresentava secondo lui un reato.
Ma la dignità delle donne deve essere tutelata, punto.
In ogni luogo, spazio e in qualsiasi momento. No, non si archivia la dignità lesa delle dorme. Non si rimuove un fatto di tale gravità. Le donne hanno diritto alla loro intimità. Così come tutte le persone. Possibile che un giudice non sia in grado di capirlo? Se non è in grado di arrivarci, se ne andasse.
E molto grave. Perché un giudice non è un cittadino qualunque che comunque è chiamato a rispettare la dignità delle donne. Un giudice deve sapere che ogni suo atto ha un valore simbolico per l'intera collettività. E in questo caso il messaggio che ha dato è
che è possibile calpestare la dignità delle donne, senza essere perseguiti. Questa archiviazione è un atto che lede la fiducia dei cittadini nello stato democratico.
E non pensate che sia solo un caso spagnolo. In Italia la violenza contro le donne rimane impunita in più del90% dei casi. Molto perché non viene denunciata, così come in tutti i Paesi del mondo. Ma la non denuncia nasconde un problema di sfiducia nelle nostre
istituzioni, nella loro capacità di tutelare i diritti di tutti.
Ogni femminicidio che è stato preceduto da denuncia della donna, a cui non è stato dato seguito, è un indebolimento del rapporto fiduciario delle donne e
dei cittadini con lo Stato.
Nelle democrazie la Giustizia con la G maiuscola è parte fondante e costitutiva. Solo le dittature possono convivere con una giustizia screditata agli occhi dei cittadini E allora dobbiamo preoccuparci. Perché purtroppo dobbiamo fare i conti con tribunali in cui
questi messaggi non passano quanto dovrebbero.
Per le donne è durissima. E così a volte succede che ci siano sentenze che affermano che se ci sono momenti di tranquillità nella vita della famiglia, la violenza non sussiste. Oppure che la denuncia nasconde secondi fini della moglie contro il marito. Oppure chele dorme hanno avuto chissà che comportamenti nel corso della vita che possano giustificare “reazioni violente”.
La sottovalutazione della violenza contro le donne è purtroppo ancora elevata. E gli stereotipi sulla violenza ancora diffusi. Bisogna prenderne veramente coscienza e agire potenziando la formazione di chi è chiamato a giudicare.
Dobbiamo sconfiggere la vittimizzazione secondaria, quella che viene da rappresentanti delle Istituzioni che dovrebbero invece tutelare le donne contro le violenze e la loro
dignità. Ce ne sono tanti e tante che fanno un lavoro encomiabile. Ma non sono tutti, purtroppo.
Intanto in Spagna le donne si mobilitano. E ora gira l'hashtag #XustizaMaruxaina. Uniamoci a loro. La loro battaglia è la nostra, di donne e uomini di questo Paese che credono nella giustizia e nella democrazia.

*Linda Laura Sabbadini è direttora centrale Istat. Le
opinioni qui espresse sono esclusiva responsabilità
dell'autrice e non impegnano l'Istat

La Repubblica, 02/10/2021