Nel relazionarci agli altri nascono delle idee, delle considerazioni e dei giudizi sulla loro persona, purtroppo queste impressioni spesso diventano dei veri e propri pregiudizi che applichiamo anche a noi stesse quando ci auto-convinciamo, ad esempio, di essere o non essere in grado di fare una determinata cosa. Secondo voi come ha fatto Copernico a dimostrare che la terra non era piatta al centro dell’universo, ma girava intorno al sole? Ha dovuto fare calcoli matematici liberando il campo da idee fisse consolidate da false impressioni visive come quella del sole che cade nel mare al tramonto. Quindi se nella vita quotidiana ci mettiamo in testa che la nostra collega è antipatica e non facciamo nulla per metterlo in discussione assumiamo un atteggiamento sterile. Quando magari siamo anche condizionate da dicerie e opinioni (dicono di lei che non va d’accordo con nessuno) anche le espressioni, le reazioni o i modi di dire relativi a quella persona, vengono deformati fino a conferirle una nomea che probabilmente non si merita. In questo caso stiamo assumendo una rigidità mentale che lavora a svantaggio di una buona relazione. Non ci rendiamo conto che con la nostra idea preconcetta, insieme ai segnali che inviamo (sguardi di disappunto, ostilità), comunichiamo alla collega quanto e come la stiamo giudicando male. Il risultato è quello di metterla in una condizione di difesa: non le diamo alcuna possibilità di dimostrare il contrario. Se cerca di essere gentile pensiamo che stia fingendo, se ci fa gli auguri di buon compleanno sospettiamo secondi fini, se ci sorride riteniamo stia tramando qualcosa a nostra insaputa. Si instaura così un circolo vizioso che va interrotto se si desidera migliorare la relazione. Diamogli qualche chance. Proviamo a credere nella sua bontà almeno per 24 ore e durante questo periodo sospendiamo il giudizio (epoché dicevano gli Scettici), questo stato d’animo ci predisporrà a ricrederci e lo saremo ancor più se i fatti ci daranno ragione……….e così pian piano ci libereremo da quella rigidità mentale e magari scopriremo che la collega tanto antipatica lo è solo perché si deve difendere. Difendere dall’etichetta che noi, e gli altri, gli abbiamo applicato e dalla quale non riusciva a sottrarsi. Se dopo tutto questo “lavoro” lei sarà sempre antipatica, allora potremo rassegnarci.
Maria Giovanna Farina