Scrivo a caldo perché altrimenti emozioni, pensieri, sensazioni e riflessioni sfuggono via.
Ho iniziato a leggere il libro l’altro ieri mentre ero in una sala d’attesa.
Ho letto le prime pagine e non riuscivo a trattenere le lacrime: sentivo forte il dolore di entrambe, ero tutte e due. Solo ieri mattina l’ho ripreso e letto d’un fiato, rimanendo a tratti senza fiato e in altri passaggi riprendendo fiato.
È un libro prezioso per chi ha la fortuna di leggerlo, perché frutto straordinario di una capacità di analisi e di sintesi di una problematica così complessa veramente sorprendente. Un dono per noi che lo leggiamo.
La capacità di descrivere la dinamica così tortuosa e dolorosa che si innesca quando ci si trova di fronte al dramma dei disturbi alimentari, che poi è la stessa che prende forma quando il rapporto entra nostro malgrado nella sfera del disfunzionale perché c’è un figlio che sta male psicologicamente ed è sofferente, mi ha profondamente colpita e molto commossa perché mi sono immedesimata nella sofferenza di entrambe. È qualcosa che lascia senza fiato e spazio vitale, che fa sentire perennemente impotenti e vittime di infiniti sensi di colpa.
Questo libro offre chiavi preziose perché sintetizza in modo lucido, chiaro ed esaustivo, i percorsi psicologici sia di chi è vittima della malattia che di chi, suo malgrado, la subisce impotente, ritrovandosi a dover convivere con l’essenza del dolore, atroce.
Un dolore in questi casi duplicato, perché una madre non può per natura ed istinto che sentire con tutta sé stessa il dolore del figlio e che va inevitabilmente ad aggiungersi al proprio, ancora più subdolo, perché non lo vorrebbe ma non può liberarsene.
La cosa poi che più mi ha colpita è la lucida e determinante presa di consapevolezza dell’esistenza di una soglia appena percettibile e quasi invisibile che porta inevitabilmente a chiedersi se è necessario essere disposti ad accettare ogni comportamento, richiesta e ‘provocazione’.
Se è funzionale entrare nella sfera del disfunzionale per essere d’aiuto, perché forse è invece proprio la consapevolezza che continuando a essere d’aiuto in modo disfunzionale colludendo con la malattia si è in realtà tutto fuorché d’aiuto.
Su questo fronte gli psicologi possono creare danni irreparabili ma grazie a Dio esistono ormai approcci che non si focalizzano solo ed esclusivamente sulla ricerca della causa e del colpevole incastrando il paziente in una dipendenza senza fine ma mirano a trovare soluzioni funzionali che per aiutare non debbano necessariamente mietere altre vittime.
Questo dilemma è il filo conduttore che fa del libro un percorso di elaborazione esemplare del dolore, perché nell’inevitabile e durissima lotta con i sensi di colpa alla fine arrivano la catarsi e la Fede, cercata, ritrovata, persa ma infine conquistata nel momento in cui l’Amore per la vita porta alla resa, al lasciar andare, all’affidarsi e all’affidare. È in quest’atto di abbandono che si attua la catarsi.
Non ci è dato interferire nel percorso di Vita dell’altro, neanche se si tratta dei nostri figli per i quali daremmo la nostra Vita ma non è rinunciando alla propria Vita che si può donare loro l’amore per la Vita ma lasciando andare, affidandosi, rispettandosi, rispettandoli ed amandoli.
Temo che dei disturbi alimentari si parli ancora in modo superficiale e sono certa che questo tuo libro possa essere un prezioso strumento di presa di consapevolezza e comunque sia è meraviglioso che sia stato scritto per offrire la possibilità di trasmutare un percorso di dolore in un potenziale strumento di aiuto.
Elisabetta Giovagnoni