Rischia una condanna penale chi minaccia l’ex nonostante il clima di tensione dovuto alla separazione
Assoluzione annullata: i forti conflitti sulle decisioni riguardanti i figli non sono una scriminante
Risponde del reato di minaccia chi usa espressioni di concreta valenza intimidatoria verso la ex che, inserite in un contesto di accesa tensione tra le parti, è idoneo a elevare la carica offensiva della condotta, specie se collegata al tentativo di impedire alla donna la frequentazione del figlio minore. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 26582 del 18 giugno 2013, ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore generale contro la decisione della Corte d’appello di Catanzaro che ha assolto un 57enne per non aver commesso il reato di minaccia nei confronti della ex moglie.
La quinta sezione penale ha ribaltato il giudizio della Corte di merito che aveva ritenuto che il clima di tensione neutralizzasse la valenza intimidatoria della condotta: per la Suprema corte, invece, tale clima, originato dalla separazione della coppia, ha reso le espressioni idonee a concretamente turbare la libertà morale della persona offesa.
Insomma, frasi come "ti devo ammazzare" o "esci fuori che ti ammazziamo", devono essere considerate come reato di pericolo: esso non postula l’effettiva intimidazione del soggetto passivo, essendo sufficiente la mera attitudine della condotta a intimorire e quindi che il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia contra ius e potenzialmente idoneo a incidere nella sfera di libertà psichica del predetto. Pertanto, secondo gli Ermellini, è illogica la prospettazione del primo giudice volta a privare quelle espressioni di concreta valenza intimidatoria solo perché inserite in un contesto di accesa tensione tra le parti, idoneo, al contrario, a elevare la carica minacciosa della condotta in quanto collegata al tentativo di impedire alla donna la frequentazione del figlio minore. L’annullamento con rinvio al giudice per nuovo esame è precluso dall’intervenuta remissione della querela e dall’accettazione della stessa che determinano l’estinzione dei reati.