Rosa Oliva

da | Ott 27, 2020 | Interviste/Video

 

50 anni di parità – Intervista a Rosa Oliva: la sua battaglia aprì le carriere pubbliche alle donne nel 1960

di Antonella Appiano

Un'apripista. Una donna che non si è arresa e ha lottato per ottenere ciò che le spettava. E lottò per tutte le italiane, le madri delle venti-trentenni di oggi. Fu proprio grazie a lei che il 13 maggio 1960 la Corte Costituzionale abolì le discriminazioni di genere nelle carriere pubbliche con la sentenza n.33. Solo da allora le laureate italiane cominciarono a entrare in prefettura e diplomazia. Dal 1963, in magistratura. E dal 1999, intraprendere la carriera militare. Caschetto ramato e occhi vivaci, origini napoletane ma romana di adozione, Rosa Oliva accompagna le parole con sorrisi dolci. E un po' divertiti. Come se fosse sorpresa di trovarsi al centro di tanta attenzione. Eppure è un personaggio importante nella storia dei diritti femminili

Come incominciò l'avventura?

 

Avevo studiato all'Università La Sapienza di Roma con il costituzionalista Costantino Mortati e mi ero laureata nel 1958 in Scienze Politiche con una tesi in dinamica degli ordinamenti giuridici.

Quale professione aveva in mente di fare?

 

Non avevo dubbi. Funzionario dello stato. In particolare mi attirava la carriera di Prefetto. Così fra i bandi di concorso del Ministero dell'Interno scelsi proprio quello di Consigliere di Prima Classe, il primo gradino per l'iter, e feci domanda. Anche se sapevo già che, fra i requisiti richiesti, ce n'era uno che proprio mi mancava. Essere uomo.

Quindi?

 

Mi convocarono al Commissariato di Vigna Clara, dove un maresciallo mi disse imbarazzato: «Dottoressa la sua domanda è stata respinta. Le donne non possono diventare Prefetto». Chiesi una dichiarazione scritta e andai subito da Costantino Mortati. Lesse il foglietto e mi chiese: “Ma lei viene da me come professore o come avvocato?” Così iniziò la battaglia.

Un femminista ante litteram?

 

Non so. Forse. Certo non potevo ignorare la disparità fra ciò che avevo studiato e una realtà che, di fatto, negava i miei diritti. Come? La Costituzione sanciva, con l'articolo 3, il principio di uguaglianza davanti alla legge. Con l'articolo 51, l'uguaglianza nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Qualcosa non andava. Con il patrocinio di Mortati feci ricorso al Consiglio di Stato e alla Corte Costituzionale, sollevando la questione di “illegittimità costituzionale della legge del 1919”. Una legge nata prima della Costituzione e mantenuta “per distrazione”. Escludeva le donne dalle carriere che implicavano diritti e potestà politiche (in effetti, nel 1919 le donne non votavano ancora), dalla magistratura e dalla carriera militare. Vinsi e l'impatto fu forte. Curiosità, servizi sui giornali, fotografi…

Diventò prefetto alla fine?

 

No, ma solo perché nel frattempo avevo vinto un concorso all'Intendenza di Finanza a Roma e mi ero appassionata al lavoro. Ma avevo ottenuto giustizia. A volte penso che cosa sarebbe successo se non fossi andata dall'avvocato Mortati.

Dal 1960 ad oggi. Come vede la condizione della donna italiana?

 

Abbiamo fatto molta strada. Pensiamo, per esempio, alle conquiste in tema di emancipazione dopo le battaglie femministe degli anni '70. Però ora le ragazze danno per scontate molte cose, dimenticando la fatica per ottenere conquiste, diritti. E' facile tornare indietro se non si tiene alta la guardia. Poche, ancora pochissime le donne nei posti di comando. Una sola donna giudice alla Corte Costituzionale, un'ambasciatrice, una al vertice della Banca d'Italia. Non è parità . Piuttosto “la solitudine dei numeri uno”. Ci sono ancora obiettivi da raggiungere. Ostacoli da rimuovere. Ho fondato un'associazione no profit, “Aspettare stanca,” rivolta proprio alla promozione delle donne in politica e nei luoghi decisionali. Non dobbiamo adagiarci ma continuare a lottare per “l'uguaglianza fra diseguali” come mi piace affermare. Perché non credo sia necessario rifiutare la differenza fra i sessi. E' pericoloso è sbagliato. Usiamo le nostre qualità, le nostre doti senza imitare i maschi.

Oggi si festeggiano i 50 anni di quella vittoria storica. Che cosa c'è in programma?

 

Sono promotrice di un Comitato Nazionale (con Gigliola Corduas, Gerardo Marotta, Carla Mazzuca Poggiolini) che vuole appunto celebrare il cinquantenario della sentenza 33 del 13 maggio 1960. Comitato cui hanno aderito Associazioni, Università. Enti. Impossibile elencarli tutti, la partecipazione è stata considerevole. Dall'AIDDA (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda) al CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del lavoro). Dall'A.I.D.M (Associazione Italiane Donne Medico) al Soroptimist International d'Italia. Dall'Ufficio della Consigliera Nazionale di Parità del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, alla Fondazione Rita Levi Montalcini. E ancora “Corrente Rosa“, “Pari o dispare“. Oggi presenteremo qui a Roma, nella Sala Conferenze della Camera dei Deputati, il convegno “Verso la parità: le donne nelle carriere pubbliche”. Ma gli eventi- conferenze e dibattiti itineranti -proseguiranno fino a dicembre.

Pubblicata su: Job24.IlSole 24 il 10 maggio