di Linda Laura Sabbadini
Stiamo vivendo una crisi molto dura in seguito alla pandemia, una crisi arrivata senza aver superato le disuguaglianze sociali procurate dalla precedente. Come nel 2008 la crisi ha colpito tutte le zone del Paese, ma il Sud più delle altre. Ha raggiunto la popolazione occupata adulta, ma soprattutto i giovani.Ha colpito gli uomini, ma le donne di più. E qui si evidenzia la grande differenza. Nelle crisi precedenti era l'industria ad essere più colpita, e conseguentemente gli uomini. Ora sono i servizi e i lavori precari. Per questo le donne perdono di più. 470 mila occupate in meno rispetto al secondo trimestre del 2019.Di queste 323 mila in meno tra quelle con contratto a tempo determinato. Pagano il prezzo di svolgere lavori più precari, . E così siamo alle solite: un tasso di occupazione che torna sotto il 50%, al 48,4%. Non tutti i Paesi d' Europa hanno reso pubblici i dati del secondo trimestre. La nostra situazione è peggiore della Francia per quanto riguarda le donne. Loro hanno un tasso di occupazione più alto (61,7%) e hanno perso meno di noi. Nel Regno Unito addirittura il tasso di occupazione femminile è cresciuto e supera il 70%. La Spagna perde più occupazione di noi anche tra gli uomini, ma rimane comunque ad un tasso di occupazione femminile più alto del nostro, il 53,9%. Allora vi chiedo.
Che aspettiamo? Non pensate che sia venuto veramente il momento di dare una svolta a questo Paese e perseguire l'obiettivo dell'uguaglianza di genere? Eppure non vedo la tensione ideale che la questione meriterebbe. La verità è che questo è lo specchio di un ritardo culturale profondo esistente nel nostro Paese e anche nella classe politica. C'è confusione, molta confusione, sulla questione delle disuguaglianze di genere anche tra chi si batte genericamente contro tutti i tipi di disuguaglianze. Deve essere chiaro una volta per tutte, le donne non sono una categoria. Le donne non sono un soggetto svantaggiato. Non sono un 'settore' a cui dare briciole. Sono la metà del mondo, la metà del nostro Paese, esautorate dei diritti, che le madri costituenti hanno tutelato nell'art.3 della nostra Costituzione. La battaglia per l'uguaglianza di genere non può essere il sottoparagrafetto di qualunque paragrafo sull'equità in cui aggiungiamo la parolina adatta ma vuota.Deve essere asse strategico su cui vanno investiti decine di miliardi come mai fatto nel Paese. E' diventata talmente pesante la situazione che se solo ci mettessimo in testa di agire per ripristinare il diritto al lavoro per le donne, il diritto ad essere indipendenti economicamente, il diritto ad essere meno sovraccariche di lavoro di cura, faremmo un balzo colossale come Paese.
Tutti se ne avvantaggerebbero. Intervenire decisamente, come mai fatto prima, per il potenziamento di tutti i servizi di cura per anziani, disabili, per i servizi educativi per la prima infanzia, nidi, tempo pieno, è fondamentale per sviluppare l'occupazione femminile, per alleggerire il carico di lavoro di cura gratuito che grava sulle spalle delle donne e le costringe alle rinunce nel lavoro e nella carriera. Ma è fondamentale anche per ridurre le disuguaglianze tra bambini, tra anziani, tra disabili. E anche per abbattere la povertà nelle famiglie monoreddito. Sogno il momento in cui alle donne si aprirà un mondo di nuove opportunità, di libertà di realizzarsi su tutti i piani. E mi chiedo: perchè non siamo determinati nell'agire? Perchè non si parla nelle linee guida del Recovery Fund di sviluppo delle infrastrutture sociali oltre di quelle economiche? Eppure dei bei segnali ci sono stati. Il segretario del PD Zingaretti ha dichiarato con convinzione la necessità di pervenire in 5 anni al 60% di copertura dei posti nido per bimbi 0-2 anni. La vice Presidente della Camera Spadoni del Movimento 5 stelle ha sostenuto lo stesso obiettivo e la parte del piano Colao sugli stereotipi di genere e l'occupazione femminile. Traduciamo tutto ciò in azione di governo. Cogliamo questa opportunità. Adottiamo l'uguaglianza di genere come priorità, come raccomanda in modo inequivoco il piano Colao.
La Stampa
18.9.2020