‘Sei bianca, ti violentiamo’, di Franco Pantarelli, La Stampa 16 gennaio 1992

da | Mar 12, 2010 | Scritti d'archivio

«Hai mai baciato un nero?». Lei, una ragazzina di quindici anni, ha risposto «Si», ma non è servito a nulla. I due neri che l’avevano presa mentre aspettava l’autobus a Brooklyn, l’avevano caricata su un’automobile e l’avevano portata via badando bene a tenere la sua faccia premuta sul pavimento in modo che non vedesse dove stavano andando, non hanno avuto ripensamenti. Arrivati in un luogo deserto chissà dove, le hanno bendato gli occhi, l’hanno spogliata e a turno si sono avventati su di lei. Violentata, sodomizzata, brutalizzata con accanimento. Lei ha sopportato tutto con un’unica idea in testa: ricordare il numera di targa dell’automobile che era riuscita a vedere prima che la costringessero a entrare. Ha anche chiesto: «Ma perché mi fate tutto questo?». E loro: «Perché sei bianca e perfetta». Dopo due ore l’hanno abbandonata. Lei ha telefonato a casa, la madre è accorsa e l’ha portata all’ospedale più vicino. La polizia, forte del numero di targa dell’automobile che la ragazza aveva impresso nella propria memoria, si è subito messa in caccia, ma l’unica cosa che ha potuto scoprire è che quell’automobile era stata rubata il giorno prima a colui che l’aveva presa in affitto.  

E’ l’ultimo e il più grave di una catena ormai lunghissima di episodi legati alla tensione razziale a New York. Parlare di un inizio vero e proprio è impossibile, perché come si sa il conflitto razziale è una costante della storia di questo Paese, e in particolare di questa città, dove le rigide divisioni «territoriali» in cui domina questa o quella comunità hanno sempre costituito la molla per le aggressioni contro chi «sconfina». Ma pur nell’ambito di ciò, tutti tendono a vedere nell’attuale recrudescenza un momento di inizio: due settimane fa, nel Bronx, due ragazzini neri sono stati aggrediti da un gruppo di coetanei bianchi. picchiati e cosparsi di vernice candida perché una volta tanto fossero «come si deve . La reazione è stata immediata. n giorno dopo una ragazzina indiana, unica persona dalla pelle chiara su un autobus popolato di neri, si è presa la sua brava dose di botte. E così altri suoi coetanei nei giorni successivi. A seconda delle zone in cui gli incidenti avvvengono cambia il colore della pelle delle vittime e degli aggressori, ma una cosa in comune ce l’hanno: sono tutti giovanissimi. E’ come, commentano i giornali, se tutto il lavoro (difficilissimo e spesso disperante) che i padri di questi ragazzi hanno compiuto negli anni passati per realizzare uno standard di convivenza accettabile, non abbia avuto il minimo effetto sui ragazzini di adesso. Il loro primo «affacciarsi alla vita» di quattordicenni o quindicenni si manifesta in questo modo. 
Il sindaco David Dinkins ha reagito mettendo taglie: 10.000 dollari a chi fornirà informazioni sui due che hanno violentato la ragazzina l’altro ieri (e il padre, un (‘operatore di Wall Street, ha promesso di aggiungere una somma ulteriore); 5000 dollari a chi consentirà di individuare quelli che hanno dipinto di bianco i due ragazzini neri. Le varie comunità sono in agitazione e già c’è notizia di bande che si stanno organizzando.

L’adozione dell’occhio per occhio, dente per dente «finirà per lasciare tutti ciechi e sdentati», dice il  povero Dinkins. Ma la sua faccia tribolata sembra confessare che lui stesso crede poco a una rapida inversione di tendenza.

Commento di Marta Ajò
Quello della violenza è un tema che non tende a tacitarsi. Non esistono limiti di età, di razza o di nazionalità. Sono una cosa c’è in comune, da allora, prima di allora, ad ora: il genere di chi è violentato (femminile).