Accolto il ricorso della Procura di Cosenza: non è necessario che vi siano segni di sevizie sull’amico a quattro zampe – Sentenza, 5 ottobre 2018
Può essere sequestrato il cane che viene picchiato violentemente a scopi educativi.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 44554 del 5 ottobre 2018, ha accolto il ricorso della Procura di Potenza contro il dissequestro dell’animale.
In particolare il proprietario lo aveva preso a calci e a pugni con presunti scopi educativi.
Per questo era scattata la misura. L’uomo si era difeso sostenendo che era un modo per “domare” l’animale. La tesi non ha fatto breccia presso i giudici del Palazzaccio che hanno accolto con favore la richiesta di sequestro.
In uno dei passaggi chiave della sentenza si legge infatti che a fronte della contestazione provvisoria in atti, con la quale risulta contestato al ricorrente il reato (art. 544 ter del codice penale) con riferimento alla condotta di sevizie cui l'animale è stato sottoposto, senza che si siano prodotte lesioni (come risulta pacifico dalla lettura del provvedimento impugnato, ove, a pag. 3 ove si escludono lesioni conseguenti alte percosse, in quanto il cane presentava solo una micosi) deve ritenersi fondato il ricorso del Pubblico Ministero.
Ed infatti il Giudice del riesame non ha fornito una corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia, escludendo il fumus del reato a fronte di una errata interpretazione delle norme di diritto, giustificando le sevizie (consistenti nell'aver colpito l'animale ripetutamente con calci, pugni, con un cintura e persino lanciandolo contro i muri) con presunti scopi educativi, e cioè rifacendosi a una ragione giustificativa che non risulta idonea a escludere la condotta contestata, che, come visto, assume rilevanza solo con riguardo alla fattispecie delle lesioni.