Siamo ancora in pandemia? Il disagio psicologico femminile in adolescenza, adesso.

da | Set 9, 2022 | Testimonianze e contributi

Se un giorno vi chiedessero “cosa vi è rimasto dei giorni della pandemia?”, voi cosa rispondereste? Esiste ancora per voi lo stato di allarme e disperazione in cui il nostro contesto di vita era intriso? A me verrebbe da dire: la paura, ed è l’emozione, con l’ansia e un umore depresso o triste, di disperazione, alternato ad angoscia, che le mie pazienti mi “portano” in seduta, al mio ascolto profondo.
Come per Lia, una mia giovane paziente di 18 anni, che soffriva di fobia scolastica. Per lei la scuola era un problema di fatica mentale, ovvero causata da troppo autoritarismo e richieste di impegno senza molto riconoscere tutto lo sforzo che faceva per apprendere al meglio, inoltre, in una classe competitiva e poco collaborativa, sfiorando, se non immergendosi, nel bullismo. La madre mi aveva contattato circa 2 anni prima, ancora prima del fatidico febbraio 2020, inizio ufficiale della pandemia in Italia, dopo una bocciatura mal compresa.
Lia è snella, non alta di statura, uno sguardo curioso e attento, intelligente, di una persona a cui niente sfugge di ciò che succede. Dopo aver ripetuto l’;anno presso un liceo linguistico, infatti Lia proveniva da un liceo scientifico tecnologico, di Monza, e un anno di sedute di psicoterapia, sembrava già che le cose andassero meglio e si stesse riprendendo dalla demotivazione della bocciatura e i voti le restituissero un'identità di studentessa assolutamente adeguata sul piano della resa scolastica.
Tuttavia, da quando la scuola è stata svolta online e non in presenza, quindi in DAD, la mancanza di contatto sia emotivo che corporeo in generale, tra studenti e insegnanti, la mancanza di libertà, lo stare forzatamente a casa senza poter uscire, e senza poter “scambiare” discorsi e sguardi simpatici e divertiti o tristi e di disperazione tra di loro, con il timore e il terrore di toccare ed essere
toccati, di respirare aria vicino a qualcuno, stringere la mano, ha trasformato, aumentandoli, i sintomi di ansia o altri disagi psicologici, quali il panico, maggiore angoscia e paranoia, la depressione e un certo ritiro sociale che si può appellare in “Hikkomori”, acuendo il dolore mentale ed enfatizzando la frustrazione dell'incontro con chiunque.
Così Lia ha ricominciato a soffrire… Nel periodo in cui per quasi 2 anni vi era una costante dimensione di potenziale emergenza, in una nazione, l'Italia, in cui il vaccino era considerato per alcuni un veleno somministrato dallo Stato, magari per la sensazione di controllo burocratico su ciascuno di noi, che l’ organizzazione sanitaria aiutava a far percepire.
Tra i giovani e giovanissimi si sentiva, a scuola come nel mio studio di psicoterapia, il bisogno di riferimenti autorevoli, che da sola la nostra scienza non riusciva a trasmettere, coinvolgendo virologi “narcisisti maligni” e capi del governo come Giuseppe Conte, che proponeva momenti di autoconforto e commiserazione collettiva, ma diventando al tempo stesso ansiogeno e angosciante lui stesso perché non offriva delle risorse di stabilità e sicurezza, facendo vivere la popolazione in una dimensione perenne di mancanza di autentica sopravvivenza ed emergenza, come invece usavano fare i capi di Stato stranieri come quello tedesco.
Infatti, la Cancelliera Angela Merkel, in un video, ha spiegato e ha chiarito in modo esaustivo le ricerche scientifiche in essere e divenire, le soluzioni che avrebbero aiutato tutti a non ammalarci, mentre in Italia ci sembrava di vivere in un contesto fantasticheggiante una malattia tragica e devastante ma fuori controllo, e di magoni inesperti, evitando o almeno non alleggerendo
la gente di sentimenti di fragilità emotiva e psicologica come la Merkel mi era sembrata volesse contrastare.
Oltre alla scienza trasformata in un fenomeno parascientifico, in Italia, la questione cruciale di quei mesi e in parte non più di adesso, è stata non solo la gravità della malattia mortifera pandemica, dovuta al contagio da virus Covid-19, ma il crollo di ogni etica e di ogni politica, alimentando la frammentazione sociale e soprattutto simbolica nel pensiero della gente, una creazione ex-novo di un perfetto malato, ovvero un possibile untore o capro espiatorio, come dipingevano i giornali italiani già parlando dello stesso evento pandemico successo prima di noi in Cina. Ricordate come scrivevano delle cause della pandemia in Asia? Così, con la creazione di un
nemico!
Cosa dire di Lia, ancora? Che riprenderà ad andare a scuola in presenza con una certa diffidenza e scetticismo perché la malattia non possa o no essere ancora presente…
Tuttavia, una cosa positiva, rispetto i suoi riferimenti delle autorità scolastiche, come la preside del suo Liceo a Lissone, c’;è il fatto che l’ ;ha rassicurata e con lei le sue compagne e sue docenti, facendo pervenire a tutta la scuola il suo messaggio di fiducia, comunicando che la situazione era praticamente quasi sotto controllo, mentre altri capi dell’ istituto in Brianza non si erano fatti nessuno scrupolo nel passato pandemico a manifestare evidenti segni di fragilità emotiva, come i nostri politici, diffondendo, fra le cose più immediate e comuni, una certa paranoia e una mancanza di stabilità generale.
In conclusione, lunedì prossimo Lia, che quest'anno frequenta l’ ultima classe del liceo linguistico della sua città, ritornerà a svolgere le lezioni in presenza, le sedute presso il mio studio con i nostri incontri che hanno ripreso ad essere di contatto visivo, in presenza e non più online. Un incontro è sempre un miscuglio di corpo e pensiero, contatto fisico e mentale, emozioni ed pensieri
uniti ad esse.
Lia mi riferisce, in un incontro qualche giorno fa, ponendosi alla fine di elucubrazioni filosofiche e psicologiche, la domanda: “e se succedesse ancora, cosa veramente avverrà di me?
Quanta incertezza, paura e insicurezza dovrò sopportare? “
Buon inizio e ripresa a tutti coloro, compresa me, ritorneranno a scuola da lunedì 12 settembre…

Autrice: dr.ssa Paola La Grotteria, psicoterapeuta.