Sottomessa non si nasce, lo si diventa

da | Nov 26, 2023 | Dietro la lente

 

Riporto la dicitura della “quarta copertina” del libro: “ Una volta capito che la donna è, alla stessa stregua dell’uomo, un divenire, un essere storico e non un Altro la cui alterità e inferiorità sono naturali, si capisce anche che la sottomissione è un’attitudine storica e non fissa. E’ a causa di determinate condizioni economiche, sociali e politiche che le donne acconsentono alla propria sottomissione, dunque la fine della sottomissione è una possibilità”.
Volendo commentare, si può parafrasare questo libro specialistico, ma illuminante su questioni da sempre poste come femministe sul rapporto di potere maschile sulla donna. L’autrice, infatti, pone come non “biologica” la natura della donna e dell’uomo, ovvero entrambi hanno delle caratteristiche sessuali che si manifestano quasi per una implicita ma appresa intenzione alla sottomissione all’uomo. E’ importante dire che l’uomo ha il potere perché mostra di usare la forza, una dimensione di coercizione, una manipolazione mentale soprattutto sulla donna, in modo tale che la donna abbia un atteggiamento di ripiegare sull’intenzione dell’uomo, come se l’uomo facesse un’azione che cambi il pensiero nei suoi confronti e gli si alieni.

Cito: “La dominazione e la sottomissione sono le attitudini a partire dalle quali è costruita la differenza tra i generi. In particolare, il potere degli uomini sulle donne permette loro di definire la differenza tra uomini e donne a seconda di ciò che li eccita. Essi possono definirsi dal loro potere e definire le donne a partire dall’attitudine che vogliono che queste adottino nei loro confronti.” cit. pag. 49 del testo che sto commentando.

Ma come succede tutto ciò? Un’altra condizione la si può evincere dal fatto, a monte, citando MacKinnon, che la “sessualità è politica”. Significa che la condizione di sottomissione e subordinazione viene data a chi gestisce meglio il sesso, in modo da mostrare la forza nei rapporti uomo-donna, propria dell’uomo. Qui non si parla quindi di una sessualità agita, anche se poi si usa la pornografia come uno dei mezzi per esprimerla, in modo svalutativo e repressivo, ma di come l’uomo agisce fin dal suo rapporto affettivo e sentimentale sulla donna, con “superiorità”, da prevaricatore e dominante.

La donna, ahimè, soggetto inerme e passivo “sta sotto” di lui… Così esiste la dimensione di oggettificare il corpo femminile come focus di mercificazione produttiva, dal porlo come desiderio/simbolo unico per oggetti e lussuria di commercio, non come tempio affettivo e sentimentale dell’uomo, ma come, a tratti, un suo mero consumo.

Basta ricordare come anche i mezzi contraccettivi femminili, diventati comuni ma non diffusi, perché all’uomo tolgono il piacere, come è stato per l’uso del profilattico maschile, ovvero il suo quasi non-uso in certi casi, foriero di malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate ad ogni età della donna. Bisogna riprendere, per Manon Garcia, giovane professoressa universitaria, scienziata umanistica dai connotati simpatici, perché nuova nella sua proposta di pensare ad una questione antica e poliedrica come questa, il pensiero di Martin Heidegger. Costui riporta la costituzione del soggetto al “dasein”, ovvero all’esserci del soggetto con gli altri, che verrà ripreso da Simone de Beauvoir, scrittrice filosofa che ha scritto “Il secondo sesso”, con il “mitsein”, ovvero “essere con” gli altri, diventare persona in interazione con loro.

Il Dasein e il mitsein ci dicono che non si può agire in modo coatto, costretto da qualcuno, cito: “ma semplicemente che ogni essere umano è in qualche modo determinato dalla propria situazione, cioè dal proprio posto nel mondo. L’individuo è determinato dal mondo in cui vive perché quel mondo è un tutto significante e unificato da norme sociali… Ho semplicemente interiorizzato alcuni comportamenti possibili o raccomandati che non sono quelli che avrei interiorizzato se fossi cresciuta negli Stati Uniti. Secondo Heidegger, i nostri comportamenti quotidiani sono dettati innanzitutto da norme che abbiamo interiorizzato senza neanche pensarci e che ci orientano nella vita quotidiana.” Cfr. pag. 65 del testo. Riporto ancora due passaggi illuminanti che spiegano come queste “norme sociali” guidano la nostra scelta verso atteggiamenti con l’uomo e viceversa. “Il nostro essere ha sempre già un senso e una norma, ma che tale senso e tale norma sono prodotti dalla storia e non di una natura fissa”.(pag. 67).

Ciò significa che una donna non può pensarsi tale se non accettando e includendo la sua differenza sessuale che struttura la possibilità di azione… Cito:“La differenza sessuale è significante”(pag. 67 e 68). Essere liberi significa conoscere e riconoscere che siamo in questa situazione di struttura sociale ed economica di differenza sessuale, per posizionarsi a partire da essa. Sentiamo qui che la filosofia della parità tra i generi, proposta dal femminismo, non è più valida. Il soggetto femminile, infatti, deve accettare e non negare questa situazione fondamentale per esercitare la propria libertà. Perciò penso che Manon Garcia sia portatrice di un pensiero innovatore, ma nello stesso tempo al femminile. A pag. 176, riprendendo Simone de Beauvoir, Manon Garcia ci spiega con la possibilità di scegliere la propria libertà, che le donne sono responsabili del fatto di non sceglierla, a volte.

Cito dal testo Marleau-Ponty: “ L’uomo non è una specie naturale; è un’idea storica”. La donna non è una realtà fissa, ma un divenire…”, quindi non è fatto biologico, di caratteristiche innate femminili o maschili che cambia la dimensione sessuale, ma le differenze culturali, sociali, le norme implicite della società che hanno costruito il modo di pensare la donna e l’uomo. Queste due citazioni stanno a dimostrare che se di sottomissione si parla, non è detto che non sia inevitabile, concependo in modo consapevole la propria natura come unica, irripetibile, originale e non sotto la forzatura maschile, che devia dal percorso di libertà personale femminile e che permetta di creare una nuova mentalità in modo profondo civile, in una cooperazione tra uomini e donne, con le loro differenze individuali, pregne di qualità, non di mancanze o di frustrazioni rispetto al cliché maschile.

Che dire in conclusione? Penso ci possa essere sia una fondazione del pensiero femminile, ma sotto l’ottica della vera realizzazione femminile, dalla consapevolezza del proprio potere vero o ancora da ottenere, ma possibile. In modo da “alzare la testa”, con dignità, al potere esercitato dagli uomini. Riconoscerlo e riconoscerci come soggetti sociali autentici, e non essere alternative all’uomo, ci potrebbe permettere di elaborare una nuova mentalità. Non strutturata di inferiorità o di sottomissione, ma che aiuti a costruire un discorso sociale condiviso, di completamentarietà tra i sessi, non già vissuti come opposti, ma che si integrino, finalmente.

Commento di Paola La Grotteria
del libro “ Sottomessa non si nasce, lo si diventa”, di Manon Garcia, edizioni Nottetempo