Impossibilità di derogare alla regola del patronimico contraria alla convenzione dei diritti dell’uomo: discrimina le donne. I matrimonialisti: «Vera svolta per parità dei sessi» – 7 gennaio 2014
Italia condannata dalla Corte di Strasburgo. Papà e mamma devono essere liberi di dare al figlio il solo cognome della madre, se vogliono: la possibilità introdotta in Italia nel 2000 di aggiungere al nome paterno quello materno non risulta sufficiente a garantire l’eguaglianza tra i coniugi. Insomma: le autorità di Roma hanno ancora una volta violato le norme della convenzione europea dei diritti dell’uomo. È quanto emerge dalla sentenza pubblicata oggi dalla decima sezione nella causa 77/07. Esultano i matrimonialisti dell’Ami, secondo cui la pronuncia della Corte costituisce una vera svolta per parità dei sessi (cfr. la pronuncia in allegato, momentaneamente disponibile solo in francese).
Eccesso di rigidità
L’Italia dovrà cambiare la legge o le pratiche interne per mettere fine alla violazione rilevata. La controversia nasce dal ricorso di due coniugi milanesi, cui lo Stato italiano ha impedito di registrare all’anagrafe la figlia con il cognome materno anziché quello paterno. E oggi la coppia lombarda che si è fatta promotrice della battaglia ottiene soddisfazione in nome della Cedu. I giudici di Strasburgo, infatti, condannano l’Italia per avere violato il diritto di non discriminazione tra i coniugi unitamente a quello al rispetto della vita familiare e privata. È vero: La regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica e ciò non costituisce necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani. Ma attenzione: L’inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell’iscrizione all’anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne.