Tu mi fai girar come fossi una bambola

da | Ago 22, 2016 | Editoriali

 

Era il 1959 quando venne messa in commercio il primo esemplare di Barbie.
Una bambola che non era più solo l’imitazione di una neonata/o e una bambina/o piccoli da cullare, accudire come fanno le mamme ma di una giovane donna.
La novità e il successo di Barbie venne decretato dalle bambine che si sa, nel gioco imitano i gesti e le storie degli adulti che le circondano. Dunque oltre al rapporto madre figlia/o che era possibile con una bambola tradizionale s’introduceva la possibilità di interagire con una bambola-giovane donna imitando la vita adulta delle relazioni sociali, nel gusto e negli amori. Perché con le bambole o i bambolotti in braccio, infatti, le bambine non si accontentavano di fingere di dare loro il latte o cambiarli, ma volevano piuttosto ricreare, in uno scambio di esperienze con altre mamme-bambine, situazioni familiari, i rapporti con l’altro genere, la casa da arredare o pulire. Insomma agivano nel gioco imitando perfettamente il mondo che le/li circondava.
In questo è stato il grande successo di Barbie. Una bambola-adulta, capace di muovere ogni parte del proprio corpo, corredata di vestiti, suppellettili, armadi, cucine ecc. e perennemente fidanzata con Ken, diversamente accessoriato a sua volta.
Inoltre non era sola ma aveva una famiglia numerosa (e costosa) con cui potere integrare il gioco. Insomma un pezzo della vita reale a disposizione della fantasia di bambine/i.

Barbie nasce fortunata, visto che chi la possiede può comprarle ogni cosa le serva, ma soprattutto bella. Alta, bionda, slanciata, formosa il giusto ma proporzionata. Un’immagine perfetta, al limite dell’irrealtà, che orienta il gusto delle bambine/i. Le gambe devono essere lunghissime e il vitino stretto per mettere in risalto i seni prominenti; la testa, invero un po’ sproporzionata, sulla quale si poggiano folti e lunghe chiome di capelli biondi, , labbra carnose, occhi da gatta e il desiderio femminile di ogni bambina è realizzato in quei centimetri di gioco.
Pur essendo stata spesso accusata di essere “colpevole” di inculcare un messaggio sugli stereotipi di bellezza femminile, un modello irraggiungibile ma al quale le bambine si sono ispirate subito nel loro immaginario, probabilmente frustrate nell’adolescenza dall’impossibilità di somigliarle, Barbie ha rappresentato un simbolo femminile per tutte le età.
La sua presenza negli scaffali dei giochi, ha resistito fino ai giorni nostri, arricchita di nuove offerte per integrare la sua vita (altri personaggi, nuovi look), fino a quando un’artista e designer, Nickolay Lamm, ha pensato che, nella sua ostinata immobilità, forse Barbie non è più compatibile con un mondo che sta cambiando.
Diffidando di credere ad un’ improvvisa scelta illuminata, quanto piuttosto ad un’economia di mercato in evoluzione anche per i giocattoli, apprendiamo che è nata Lamilly Doll, una bambola pronta a sostituirla.
Per quale motivo, essa dovrebbe sostituire la più famosa Barbie?
L’inventore l’ha presentata come la bambola “normale” il cui obiettivo dovrebbe essere quello di trasmettere alle bambine/i il rispetto del proprio corpo per ciò che è, con i propri limiti e difetti piuttosto che farle sognare di raggiungere quel cliché di bellezza plastificata che ha rappresentato per decenni Barbie.
Lamilly, al contrario, è una bambola che rappresenta una ragazza, dicono di circa 19 anni, rotondetta e con un viso paffuto, capelli scuri e soprattutto un’altezza “umana”. Ovvero nella norma delle bambine che la riceveranno in dono e che non è detto che siano tutte slanciate e belle ma anche basse, goffe, grassottelle, brufolose e pelose.
Come Barbie, Lamilly ha un bel corredo ma molto diverso da quello.
Sarà venduta con una serie di adesivi e accessori che possono simulare ogni difetto che affligge una donna in tutte le età, come acne, smagliature e cicatrici. Perché bisogna accettare che questi difetti esistono e conviverci senza drammi.
Come è infine Lammily? Ribadiamo “normale”: braccia e gambe non più lunghissime e magrissime, il giro vita non troppo stretto, capelli scuri non lunghissimi e infine il volto struccato.
Insomma un donna che non necessariamente dovrebbe fare la modella, l’attrice, una make-up artist, una campionessa sportiva o, nel peggiore dei casi, la escort ma piuttosto una che potrebbe fare un qualsiasi lavoro.
Lammily ha dunque caratteristiche fisiche che non rispecchiano gli standard attualmente imposti da tv, pubblicità, media ed anche dal cinema animato, dai fumetti dove le protagoniste sono sempre disegnate come bellissime ragazze.
Innovazione? Illuminazione? Ma è davvero così?

Se dunque questa nuova bambola viene presentata come un’innovazione educativa, più aderente alla realtà ne siamo felici ma è proprio sul concetto di definizione di “normalità”che siamo invece perplessi. Esiste un indice di misura di cosa sia normale?
Perché nel mondo esistono variabilità di tipologie fisiche dovute non solo a criteri di bellezza ma anche di appartenenza razziale.
Altezza, colore della pelle, degli occhi, forme longilinee o brevilinee e quant’altro, fanno parte della varietà umana ed è importante non dare cliché da imitare.
Quante bambole dovremmo avere per adattarci alle numerose realtà?
Lamilly, rischia dunque di divenire, in senso opposto, un altro stereotipo. Forse non dovrebbe essere considerata normale o reale, ma solo una bambola diversa.

Sarà cura dei genitori, che per ora sembrano entusiasti nell’approvare questa inversione di tendenza, decidere se regalarla. Avendo presente però che non è altro che un giocattolo e non si può riporre in esso un eccesso di aspettative. Non è Lamilly che potrà modificare una cultura estetica del corpo umano che si è sviluppata nell’ultimo secolo ma forse è giusto accettare questa proposta come un tentativo contro gli stereotipi finora proposti che hanno portato, purtroppo, verso tanta infelicità femminile.
Il Natale è vicino e la fortuna di Lamilly sarà determinato prima che dal mercato e dalla volontà dei genitori, dalle bambine/i se riusciranno ad amarla e a giocarci, girandola e rigirandola fra le loro mani, come fosse una bambola.