Un appello agli Uomini Illuminati per un impegno verso il superamento dell’inverno demografico

da | Set 13, 2025 | Appelli

Abstract
La tesi rivoluzionaria della professoressa Claudia Goldin, insignita del Premio Nobel per l’economia 2023
ha spostato il dibattito sul calo della natalità dai tradizionali fattori economici o sociali a un’analisi più profonda delle dinamiche di genere all’interno del nucleo familiare. Goldin, pioniera nel suo campo, ha dimostrato che la soluzione al declino demografico non risiede nell’inversione dei progressi ottenuti dall’emancipazione femminile, ma in un cambiamento radicale del ruolo maschile nella sfera domestica e genitoriale.

La Teoria della “Partnership Affidabile”
In un recente studio, Goldin ha messo in discussione l’assunto che l’aumento dell’istruzione e dell’occupazione femminile sia il principale motore del calo della fertilità. Pur riconoscendo che l’autonomia finanziaria delle donne consente loro di ritardare o persino rinunciare alla maternità, l’economista sostiene che il vero ostacolo risieda nella mancanza di un impegno affidabile da parte dei partner maschili. La sua ricerca evidenzia come le donne siano riluttanti a intraprendere il percorso della genitorialità se percepiscono che il carico di lavoro, sia domestico che di cura, graverà in modo sproporzionato su di loro, compromettendo così la loro carriera e il loro benessere personale. La genitorialità, in questo nuovo paradigma, non è più vista come un’imposizione biologica, ma come una scelta che richiede un patto di reciprocità.

Un’analisi comparata: modelli di sviluppo e politiche di genere
Lo studio di Goldin ha delineato una chiara dicotomia tra due modelli di sviluppo demografico:
• Paesi con declino contenuto (Danimarca, Svezia, Francia). Questi Paesi, che hanno attraversato una modernizzazione economica e culturale sinergica per decenni, mostrano una maggiore equità nella distribuzione dei compiti domestici. Sebbene i tassi di natalità non siano a livelli elevatissimi, il divario tra il tempo dedicato dalle donne e quello dagli uomini alle mansioni familiari è significativamente ridotto (circa 0.8-0.9 ore al giorno). Questo allineamento tra progresso economico e mutamento culturale ha contribuito a mitigare il calo demografico.
• Paesi con declino brusco e profondo (Italia, Giappone, Corea del Sud, Spagna). In questi contesti, la modernizzazione economica è stata più rapida, ma le norme di genere tradizionali sono rimaste radicate. I dati sono eloquenti: in Italia e Giappone, le donne dedicano circa tre ore in più al giorno rispetto agli uomini alle attività domestiche. Questa disconnessione tra l’aspirazione femminile all’equità e la persistenza dei ruoli tradizionali ha portato a un crollo verticale della natalità, con Paesi come la Corea del Sud che registrano i tassi di fertilità più bassi al mondo.

Oltre le Politiche di Welfare. Il ruolo del cambiamento culturale
Goldin sottolinea che le politiche di sostegno alla famiglia, pur essendo utili, non possono da sole risolvere il problema. L’esempio del Giappone, che offre ampi congedi di paternità e sussidi, ma continua a registrare tassi di natalità bassissimi, dimostra che la semplice esistenza di una politica non ne garantisce l’adozione se le norme culturali non la supportano. L’economista argomenta che l’impatto di un congedo parentale retribuito è limitato se i padri non si sentono socialmente incoraggiati.

Un Appello agli Uomini Illuminati
Il dibattito politico, in Paesi come gli Stati Uniti, tende a scaricare il peso della soluzione sulla donna, suggerendo un ritorno a modelli di vita più tradizionali. Goldin, tuttavia, avverte che tale approccio non solo è regressivo, ma potrebbe persino esacerbare il problema, spingendo ulteriormente al ribasso i tassi di natalità.
La soluzione, secondo la studiosa, non è ritornare a un passato che penalizzava le donne, ma spingere in avanti, verso un futuro in cui il progresso femminile sia affiancato da una corrispondente evoluzione maschile. L’appello di Goldin è un monito a riconoscere che la sostenibilità demografica non dipende dall’impegno esclusivo delle donne, ma dalla capacità della società, e in particolare degli uomini, di abbracciare un modello di paternità e partnership che sia autenticamente condiviso ed equo.
La vera sfida non è far tornare le donne a casa, ma farle sentire sicure che l’uomo che scelgono sia un compagno, non solo un “breadwinner”