Un libro per “viaggiare”: cinque domande a Luigi Giannachi

da | Giu 15, 2018 | Interviste e sviste

 

L'autore è medico chirurgo e sceneggiatore non che filosofo per diletto, il suo libro “Oltre il dia-loghos di Socrate” è un romanzo appena uscito per Rupe Mutevole nella collana “Le relazioni”

Oltre il dia-logos (ed. Rupe Mutevole) è un viaggio dentro e fuori di noi. All'inizio narri di una donna che vuole vivere al centro del mondo e Atene lo era. Quale rapporto col genere femminile hai messo nel tuo libro?

Nelle prime intenzioni di questi dialoghi mi sono piacevolmente sorpreso di incontrare personaggi femminili, di cui i libri di storia della filosofia parlano poco, ad esempio Diotima, che viene indicata da Socrate/Platone come un personaggio importante nello sviluppo del loro pensiero, oppure Saffo, conosciuta come poetessa ma non riconosciuta come filosofa. Nel frattempo leggevo alcune autrici di filosofia più vicine a noi, meravigliandomi di come spesso fosse sottovalutato il loro valore.

Nei riguardi di Saffo, in particolare, ho immaginato una morte completamente diversa da quella che la leggenda ci offre, in quanto non riuscivo a spiegarmi perché si sarebbe buttata da uno scoglio per amore di un uomo, quando invece prediligeva l'amore femminile.

C'è stato un momento nelle prime scritture di questo libro in cui ho pensato di provare a raccontare solo donne nel loro approccio alla filosofia, anzi potrebbe essere un'idea per il futuro.

L'interprete del tuo romanzo si chiama Ghignos Kairòn, un nome che significa più o meno l'occasione di conoscere, infatti lui è alla ricerca della verità. Troverà la verità?

Il nome è un'alterazione personale di due parole greche che significano “divenire” (ghignomai, divengo) e “tempo per fare, occasione” (kàiros, di cui ho cambiato anche l’accento). In realtà è una sorta di mio alter ego, che si mette in testa la possibilità di parlare con i filosofi del passato in una sorta di spazio-tempo einsteiniano. Allo stesso tempo è un mio amico che si è inventato delle scene teatrali di tipo filosofico e poi me le avrebbe mandate, come se io avessi scritto solo la prima e l’ultima pagina. Nella parola filosofia è intrinseca l’importanza dell’amicizia, senza la quale forse non esiste alcune forma di saggezza. Da un certo punto di vista è per me l’occasione di parlare di filosofia pur non essendo filosofo di professione.

La verità è come la bellezza. Quando sei giovane presumi che vi siano le persone belle e vere, da contrapporre alle persone brutte e false, mentre invece la realtà si presenta in forma molto più varia. Socrate era descritto come un uomo brutto, come un Sileno, eppure la sua ricerca di verità è divenuta un simbolo per l’umanità.

Forse uno dei motivi per cui mi piace la filosofia è il suo continuo essere alla ricerca di qualcosa senza accontentarsi mai dei risultati raggiunti. In questo la filosofia e la scienza si intrecciano di continuo senza a volte rendersene conto.

Quanto c'è di autobiografico nel tuo romanzo?

Mi sono sempre piaciuti i romanzi ed i film di iniziazione, quando il protagonista cioè si trova suo malgrado in un’avventura che caratterizzerà le sue scelte future, in una serie di incontri che gli fanno comprendere sé stesso ed il mondo in cui vive senza pregiudizi e senza uno scopo pre-fissato. Ho scritto questo libro come se fosse un viaggio in cui ciascuno, non soltanto io, potesse identificarsi, però l’immaginazione mi ha portato ad incontrare le diverse sfaccettature della mia mente, in diversi livelli della mia età, senza escluderne alcuna. Non mi stupirei che alcuni dialoghi siano considerati più semplici ed alcuni più difficili, perché non ho mai pensato che l’età costituisca un limite al pensiero dell’uomo, quindi alcuni dialoghi surreali potrebbero arrivare perfino da un me stesso lontano nel tempo, forse un po’ bambino, che ogni tanto recupero.

Le relazioni che affronti nella Grecia Antica sono attuali, che rapporto hanno con l'oggi?

Ho cercato di ambientare i personaggi come se vivessero in quel mondo lì, come se il protagonista stesse vivendo nella Grecia del IV e V secolo a.C., però i loro sentimenti e le loro passioni sono le stesse che hanno le persone in carne e ossa. Non si può pensare che Platone ed Eraclito, oltre ad avere scritto pensieri attuali a distanza di 2000 anni, non abbiano avuto gli stessi problemi fisici e psicologici delle persone che vivono adesso nella nostra società. Parlavano una lingua che non conosciamo veramente, avevano molti punti di vista differenti rispetto a noi, ma soffrivano il dolore esattamente come noi, forse riuscivano ad avere più tempo per loro. Sicuramente le relazioni che intrattenevano fra di loro erano fatte di sguardi, di abbracci e di sentimenti, ma anche di odio o risentimento. Non avevano bisogno di macchine per comunicare, né si chiedevano cosa fosse l’intelligenza artificiale, ma davano molta importanza ai dialoghi fra le persone.

Come in un film quando leggi un romanzo ti chiedi se quello a cui assisti potrebbe avvenire veramente. Il coinvolgimento emotivo, se c’è, avviene sempre per qualcosa che si può verificare, in passato come nel futuro. Io ho cercato di immaginare cosa rimanga nella nostra memoria dopo che qualcosa di spettacolare è avvenuto nella nostra vita (… oltre il dia-logos).

A chi è rivolto il libro, nel senso a quale pubblico è dedicato?

E’ la domanda più difficile, perché l’espressione artistica tende ad autolimitarsi nel momento in cui viene da pensare ad un potenziale pubblico, però è una domanda a cui non si può sfuggire.

Credo che il libro possa incuriosire e coinvolgere le persone a cui piace viaggiare senza avere alcun schema fisso, senza pre-determinazione, come se si potesse viaggiare senza fare alcun prenotazione. Un altro modo di leggerlo potrebbe essere quello di prendere a caso un capitolo disinteressandosi della successione dei capitoli, ma cercando nell’indice quale sfaccettatura della mente può interessare di più. In fondo nella nostra mente ci sono impilate diverse esperienze, ma spesso non ci piace ricordarle tutte insieme, un po’ alla volta funziona meglio.

Sarei felice di sapere che questo libro fosse letto da persone di qualunque generazione, perché così come è stato ambientato un uno spazio-tempo non identificabile è allo stesso modo percepibile a qualunque età. Mi ricordo che lessi a mio figlio un capitolo ambientato nella città di Atene mentre frequentava le scuole elementari nel punto in cui si descrive un labirinto sotterraneo per far arrivare l’acqua sotto l’acropoli. Quando l’ho portato a visitare l’Acropoli notai che mio figlio stava fotografando ogni anfratto segreto potesse suggerire la presenza di cunicoli sotterranei. Ho avuto la sensazione che il mio dia-logos avesse funzionato.