di Pamela Marelli, in Letterate Magazine
In un’estate costellata da continui bollettini di guerra, è passato sottotono un cruento conflitto che necessiterebbe di diffusi approfondimenti, di modo da non apparire come una realtà immodificabile. Mi riferisco al continuo incessante assassinio di donne da parte di uomini con i quali la relazione è venuta meno.
Nonostante da numerosi anni centri antiviolenza, associazioni di donne, collettivi femministi, convegni, campagne comunicative, scuole estive, siti, spettacoli teatrali si dedichino a questa immensa urgenza sociale, rare sono le rappresentazioni pubbliche che informano correttamente del fenomeno. Seppur colpevolmente anacronistico, a livello di mass media la realtà degli uomini violenti viene suddivisa in due tipologie: se l’uomo che ammazza è straniero parte la crociata contro il maschilismo della sua retrograda cultura, se il killer è italiano si tratta indubbiamente di raptus, attimo di follia, depressione. È passato un anno dal decreto legge sul femminicidio, che tante critiche provocò per il suo impianto securitario considerante le donne soggetti deboli da tutelare, per la mancanza di fondi a sostegni dei centri antiviolenza, per l’inserimento di misure repressive contro la tenace mobilitazione No tav. In questi dodici mesi soprusi ed omicidi non sono diminuiti, segno che non basta una legge per fermare una violenza che si annida negli aspetti intimi e quotidiani della vita.
Anche chi non è direttamente e personalmente colpevole di violenze e dominio, è comunque corresponsabile per il silenzio, l’indifferenza, l’omertà, il godimento dei dividendi che il patriarcato distribuisce a ogni uomo. Nessuno può chiamarsi fuori da questa corresponsabilità – scrive Beppe Pavan nel libro Trasformare il maschile. Nella cura, nell’educazione, nelle relazioni a cura di Salvatore Deiana e Massimo Greco. Gli uomini di Maschile plurale, autori del testo uscito a fine 2012, da qualche anno prendono parola pubblica sul tema della violenza contro le donne, assumendosi responsabilità politica al riguardo. Convinti che la trasformazione del maschile, il cambiamento di ogni uomo che impara a vivere con cura le proprie relazioni, esercitandosi quotidianamente in quelle più intime, sia la strada maestra della prevenzione di ogni forma di violenza maschile.
Nel testo collettaneo, diversi uomini, partendo da sé, hanno raccontato i percorsi alla ricerca di nuove forme di maschilità nelle esperienze affettive, lavorative, corporali. Interessante l’attenzione che Alessio Miceli pone sulle separazioni, le situazioni più frequenti in cui muoiono le donne in Italia per mano dei loro uomini, per cui manca evidentemente una elaborazione,una cultura diffusa. Serve invece partire da sé, dal proprio vissuto per narrare il nodo della dipendenza dall’altro/a insieme alla propria autonomia, quel delicato equilibrio che si fa e si disfa per tutta la vita, quel senso spesso ambivalente delle relazioni fondamentali, vissute a volte come legami vitali, altre volte come abbraccio mortale, come perdita del sé. Miceli riflette sulla necessità di un sapere sulla fine delle relazioni: quanto è importante imparare a lasciarci?.
Gestire le separazioni, affrontabili lutti affettivi, è una tappa dell’educazione sentimentale ed emotiva che andrebbe elargita fin da piccol*. Bisogna formare essere umani indipendenti, che sappiano stare da soli, bastare a se stessi e al tempo stesso stare in relazione rispettose e non patologiche.
E’ sempre più necessaria una cultura pubblica che faccia propri i discorsi contro la violenza maschilista decostruendo normativi stereotipi di genere che fissano le donne nel ruolo di vittime inermi e passive. Dirompenti le parole delle donne de Le fenici che volano verso Itaca, gruppo di muto-aiuto seguito dalla cooperativa Befree. Abbiamo deciso di chiamarci Le Fenici - racconta una di loro- perché sentiamo che rinasceremo, anche se dalle nostre ceneri, e che insieme ce la faremo. Se penso a quando sono arrivata, mi rivedo come una donna sola e senza speranze che non sapeva dove sbattere la testa per trovare un po’ di fiducia nel futuro. Oggi mi sento progettuale e desiderosa di vivere. Lo scambio delle nostre esperienze e la forza d’animo che le altre mi hanno trasmessa, mi ha ridato la spinta alla vita che mi mancava.
Donne che hanno subito violenza e decidono di narrarsi sulla scena pubblica provocano una falla nella rappresentazione mediatica che evidenzia solo debolezze e fragilità, non riconoscendo la forza e la determinazione necessarie per uscire da relazioni violente. Importanti trasformazioni possono partire dalla potenza delle donne resistenti alla violenza, le cui parole raccontano di relazioni, sentimenti, quotidianità che riguardano tutt*.
La discriminante tra amore e violenza infatti è una linea sottile, facile da oltrepassare.
Per questo bisogna impegnarsi nella decostruzione di una cultura che regola le relazioni tra i sessi interpretando le differenze come disuguaglianza e legittimando una gerarchia dei diversi ruoli sociali, attitudini, caratteristiche, comportamenti attribuiti a uomini e donne. Sandro Casanova e Gianluca Ricciato, partecipanti anche a Smaschieramenti, osservano che il genere non è un destino scritto nel corpo, ma progettualità di vita; ciascuno/a deve avere la possibilità di ricercare sue parole, uniche e originali, per esprimere se stesso/a.
Entrambi impegnati nella campagna del Fiocco Bianco dal 2007, Casanova e Ricciato, hanno trovato meritevole il rivolgersi ai soggetti potenzialmente implicati nell’agire questa violenza -gli uomini e i ragazzi- per spezzare i meccanismi dell’omertà e della connivenza che spesso rendono invisibile una violenza peculiare come quella di genere, le cui caratteristiche e le cui modalità vengono riprodotte costantemente nelle diverse epoche e nelle diverse culture geografiche.
Dirimente diffondere e dare visibilità a modelli di mascolinità non aggressivi e prevaricatori, formare maschilità presenti e future (come titola una sezione del libro).
L’ipotesi che viene sostenuta nel testo è che la messa in discussione delle aspettative di genere debba riservare un’attenzione e un approfondimento particolari nell’ambito del maschile, riguardo agli uomini coinvolti come attori o come destinatari bambini e adulti della formazione/educazione/cura, tornando inoltre a domandarsi quanto da adulti si possa cambiare anche nell’ambito delle caratteristiche attribuite al genere con cui ci si identifica. E che sia opportuno che si faccia spazio una voce maschile su questi temi, a partire dalle proprie esperienze di cura, di accudimento, di relazione sottolineano Deiana e Greco.
Recentemente un’altra campagna mediatica Noino ha visto protagonisti uomini famosi in vari ambiti (musica, sport, cinema) mettere la faccia contro la violenza sulle donne, dando risalto alla violenza psicologica ed a quei comportamenti più difficilmente identificabili come violenti, anche a causa dell’accento posto a livello di mass media quasi esclusivamente sulla violenza fisica attraverso un uso smisurato di immagini di donne tumefatte e lacerate. Tormentare, mortificare, ferire, costringere, insultare, molestare ricattare, spiare, impaurire, opprimere, denigrare: questa è violenza. L’utilizzo di personaggi famosi permette l’identificazione soprattutto a quei ragazzi che vivono con disagio il dover incarnare modelli maschili aggressivi.
Quando ti sei accorto di essere maschio e di poter godere di alcuni privilegi rispetto alle donne? simili interrogativi vengono posti in laboratori sulle maschilità contemporanee, in cui numerosi uomini partendo da sé e dal proprio genere, prendono le distanze dal modello maschilista, nocivo anche per loro.
Questa è la direzione per smettere di identificare il maschile come violenza ed il femminile come fragilità e sottomissione. Servono spazi di libertà e di discussione in cui declinare le relazioni amorose in modo politico, lavorando sui legami affettivi al fine di liberarli da tutta la violenza sommersa.
L’utopia della fine della violenza patriarcale e sessista passa dalla decostruzione degli stereotipi di genere, dalle azioni delle donne resistente alla violenza, dalla presa di parola degli uomini, dalla formazione e diffusione di mascolinità diverse, dalla pratica quotidiana di relazioni autentiche. Il personale è politico significa proprio questo.