di Maria Giovanna Farina
Violenza e terrore, due termini che vanno di pari passo: dove c’è violenza c’è terrore.
Terrore che un atto violento e sanguinario possa accadere ancora, che la violenza si possa nuovamente scatenare per vendetta, per rabbia… in cuor nostro sappiamo che sotto l’uomo civile vive ancora il primitivo che risolve le questioni con un atto di forza.
È un problema che ci portiamo appresso da sempre senza riuscire a trovare una soluzione. Siamo rimasti sconcertati dalla facilità con cui è avvenuta la strage di Parigi di questo inizio 2015 e ne abbiamo paura perché siamo consapevoli del fatto che ciò si potrebbe ripetere in ogni momento e luogo.
Il terrore per la violenza diventa terrore per ciò che ci aspetta. Allora si esorcizza scendendo in piazza, cercando la comune appartenenza, portando come vessillo il nome di chi è morto mentre faceva il proprio lavoro.
Mentre con la satira voleva dirci che le vicende umane come la politica e la religione basterebbe osservarle con occhi diversi, liberi da pregiudizi, con un po’ di ironia per vedere l’altro non come nemico ma come essere umano col nostro stesso destino. A volte la satira punge, dà fastidio, in certi casi può offendere la sensibilità altrui, ma non ha mai ucciso nessuno. Solo alla morte non c’è rimedio, questo dovremmo ricordarcelo più spesso.
È dall’odio cieco, dal desiderio di vendetta, dal razzismo, dalla volontà di prevalere sul più debole, dalla mancanza di senso critico che trova terreno fertile il terrorismo. Dobbiamo smetterla di parlare al vento, rimbocchiamoci le maniche tutti e rifiutiamo l’invito di chi ci indica l’altro come il nemico da abbattere.