di Isa Maggi
La crisi costringe alla disoccupazione e al non lavoro molte persone in particolare i lavoratori autonomi, i precari, i lavoratori/ici in nero. Tra questa fascia di popolazione ci sono le donne e i giovani. La crisi crea nuove povertà e molte paure.
Il recente rapporto della Caritas in tema di povertà, ci fornisce dati inquietanti. Analizzando il periodo maggio-settembre del 2019 e confrontandolo con lo stesso periodo del 2020 emerge che l'incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza e delle persone in età lavorativa.
Preoccupante anche la rabbia sociale che si sta manifestando in alcune città, del nord e del sud: tantissime persone sono disperate, i commercianti che hanno messo i locali a norma, i lavoratori e le lavoratrici precarie dell'industria culturale e sportiva, gli addetti del turismo.
9,8 milioni di italiani saranno poveri assoluti: il rapporto Istat 2020 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile stima al 27% le persone a rischio povertà o esclusione sociale.
Oltre alla paura della pandemia e del contagio è ora evidente che il rischio maggiore per il futuro è l'esponenziale crescita del disagio e della povertà, in un contesto sempre più caratterizzato dalle diseguaglianze.
La posta in gioco è grande e le politiche che devono essere messe in campo sono fondamentali per evitare l'insorgere di scontri sociali e per garantire ai giovani e alle donne un futuro.
A volte la mia sfiducia nelle competenze dell'attuale classe dirigente mi assale:ce la faranno ad essere all'altezza di questa crisi?
La nostra quotidianità è segnata da nuove regole, nuove forme di protezione che indeboliscono la nostra socialità, ma mettono in maggior sicurezza la nostra salute. Sono regole necessarie. Se le rispettiamo possiamo andare a fare la spesa, salire su un mezzo pubblico, su un taxi, andare dal parrucchiere, nei nostri luoghi di lavoro, in un albergo.
Ma in alcuni luoghi, quelli della cultura, della ristorazione, della convivialità e del turismo invece, non è più possibile entrare.
Le regole di nuova convivenza che il Covid-19 ha imposto si arrestano e indietreggiano spaventate sulle porte dei teatri, delle sale da concerto, dei cinema, dei musei, delle mostre, delle biblioteche e degli archivi.
Oggi la cultura, il turismo, la ristorazione sono in lockdown con tutto il loro comparto e le loro filiere.
Anche questa scelta è faticosa da accettare in quanto sembra che le scelte del Governo orientate a non chiudere i settori definiti” produttivi”, quelli dell'industria e più in generale della manifattura, siano dettate da diktat delle potenti associazioni di categoria e dal mondo della finanza.
Abbiamo bisogno, mai come ora, della cultura, della bellezza, della Natura, dell'essere comunità, del #wetoo. La speranza che nasce dalla vicepresidenza di Kamala Harris in Usa ci conforta nell'idea che forse domani anche in Italia le cose cambieranno.