Alla sbarra dal 24 giugno 2011, in prigione dal 5 agosto, Yulia Timoshenko ha fatto sentire la sua voce più di una volta per denunciare la repressione politica nei suoi confronti. I suoi messaggi sono sempre stati chiari e coraggiosi nell’indicare nell’ex Presidente ed alleato Yanukovich se non il mandante il complice di questa manovra. “Dovunque io sia, in prigione o fuori, mi sento una persona libera”.
Scriveva già in novembre, ai suoi sostenitori, dalla cella 242 al secondo piano della prigione di Lukyanovskij, nell’estrema periferia di Kiev: “Vi scrivo da dietro le sbarre di una prigione. Appena pochi passi tra una parete e l’altra. Solo una piccola grata mi lascia vedere l’azzurro del cielo d’autunno”.
Una donna che, dietro un’immagine estremamente curata, ammorbidita appena da una treccia portata sul capo come le vecchie contadine ucraine, presenta una personalità fortemente carismatica, una grande capacità di oratrice, populista quanto basta per raccogliere consensi ovunque. Il personaggio può apparire anche controverso per la rapidità con cui ha scalato i gradini della politica e del potere: non basta essere donna per cambiare le regole del gioco, e la storia politica dell’Ucraina è stata e resta assai complessa.
Repubblica indipendente dal 1990, dichiarato definitivamente fuorilegge il partito comunista nel’91, il Parlamento ucraino dichiarò l’indipendenza indicendo un referendum di conferma popolare per avviare le prime elezioni democratiche della storia dell’Ucraina che avvennero nel dicembre ’91.
Nel 2004, viene eletto presidente Viktor Ju